Vins d’Azur

Festival del vino della Costa Azzurra

· di Chiara Campora ·

Chiara Campora


 

“Dans chaque activité, la passion enlève beaucoup de difficultés”

Questo l’incipit della prima edizione dei Vins d’Azur, manifestazione che ha riunito circa 50 produttori e importatori francesi, italiani, austriaci, spagnoli e greci, desiderosi di farsi conoscere nel mercato del Sud della Francia.

Tutti i produttori aderenti alla manifestazione seguono un approccio rispettoso della natura e dei suoi cicli vitali, una filosofia che potremmo definire “biologica” e che in Francia viene messa in pratica già da decenni, prima che i concetti di sostenibilità e di scarso o nullo ricorso alla chimica diventassero argomenti di stretta attualità in tutto il mondo.

Insomma, in fatto di vino e di cultura vinicola, i francesi sono sempre un passo avanti a tutti: è un dato di fatto e spero che tale affermazione non mi attiri le patrie ire!

Incuriositi da queste premesse,

ci rechiamo a Juan Les Pins, all’Hotel Belles Rives e dobbiamo ammettere che questi francesi hanno anche una buona dose di fortuna… perché la splendida terrazza, affacciata sul mare, che ospita i banchi degli espositori, è baciata da un sole primaverile e l’insieme risulta davvero di impatto.

Vins d’Azur: mai nome fu più azzeccato, perché di azzurro ce n’è davvero in abbondanza!

Saltellando da un Paese all’altro, ci imbattiamo in ottimi vini rossi del Rodano: oltre ai “classici” Châteneuf-du-Pape, ma da vieilles vignes (Domaine de Villeneuve), assaggiamo interessanti Syrah da Domaine de Coulet.

Cerchiamo conferme da Fleury, maison della Côte des Bars che ha sposato la filosofia biodinamica da circa 30 anni e dove iniziamo “dolcemente”, con il Blanc de Noir Brut, per poi farci “schiaffeggiare” le papille dal Rosé de Saignée Brut e dal Notes Blanches 2011 Brut Nature, 100% Pinot Bianco che dice: bevimi ancora.

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Condizionata dal mio amore per la Grecia

e per il greco antico, mi avvicino a un banco dove sono presenti molte bottiglie, distribuite da Oenos Nature.

Un simpatico e gentilissimo reduce da studi classici come me, ci fa immergere idealmente prima nel Mar Ionio, raccontandoci della Robola di Cefalonia, vitigno autoctono coltivato a circa 600 metri di altitudine (fresco e minerale), dei vitigni autoctoni coltivati a Zante e poi nel Mar Egeo, con l’Assyrtico di Santorini: limone e salmastro, in un equilibrio mirabile, che invita alla beva, ma anche un po’ alla vacanza…

Sempre pensando a future vacanze isolane,

ci imbattiamo in un produttore sardo, Sedilesu, che in realtà arriva da Mamoiada, profonda Barbagia, ma come non essere incuriositi da chi produce vino in un territorio così impervio e fascinoso?

E infatti non ce ne pentiamo e scopriamo la Granazza, vitigno a bacca bianca, autoctono di Mamoiada e che non ha alcun legame di parentela con la Granaccia, ovvero il Cannonau.

Da vecchie viti ad alberello si ricava un bianco, il Perda Pintà, di grande struttura e alcolicità, reso però piacevolissimo dal naso di frutta gialla con accenni di macchia mediterranea e un finale lunghissimo.

Concludiamo in bellezza, con l’assaggio di due Cannonau: il Mamuthone, vino simbolo dell’azienda, dalle intense note speziate e il Ballu Tundu 2010 Riserva, un’esplosione di frutti rossi e un tannino di superba finezza, integrato in un sorso potente ma di grande eleganza.

Torniamo a casa,

con la rinsaldata consapevolezza che la passione emersa dalle parole dei vignerons incontrati oggi se non può eliminare le difficoltà, di sicuro può rendere più lieve la fatica di produrre a tutte le latitudini vini buoni, di cui andare giustamente orgogliosi.

 

 

Vins d’Azur
Boulevard Edouard Baudoin, 33
Antibes F
+33 6 11 89 13 99

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