Viaggio nel mondo dell’anfora: Trentino Alto-Adige parte prima

· di Olga Sofia Schiaffino ·

 


N

elle profonde radici storiche del Trentino-Alto Adige, tra le vette delle Alpi e i vigneti che si estendono fino ai piedi delle montagne, si celano tesori che raccontano antichi commerci e tradizioni. Tra questi tesori spiccano le anfore, preziose testimonianze dell’antica arte della vinificazione e del commercio lungo le vie fluviali e terrestri che attraversavano questa regione.

Le anfore, vasi di terracotta dalla forma distintiva, sono stati ritrovati in varie località dell’Alto Adige, testimonianze silenziose di una storia millenaria. Utilizzate dai Romani per conservare e trasportare il vino lungo le rotte commerciali, queste anfore si sono rivelate preziose per gli archeologi moderni, offrendo preziose informazioni sulle pratiche vinicole dell’epoca e sulle rotte di scambio che attraversavano il territorio.

I primi contenitori da trasporto risalenti all’epoca romana documentati in Trentino-Alto Adige sono le anfore vinarie del tipo Dressel JA. Questi recipienti rappresentano le prime anfore propriamente romane, prodotte nell’area centrale tirrenica a partire dal 130 circa fino alla metà del I secolo a.C. Destinate al commercio dei rinomati vini laziali e campani come il Cecubo e il Falerno, la loro denominazione, così come quella di molti altri contenitori da trasporto dell’epoca romana, deriva dal nome dello studioso che nel tardo Ottocento compilò la prima classificazione delle anfore romane come parte del suo corpus di iscrizioni anforiche di Roma.

Questo tipo di anfora, caratterizzata da un orlo a sezione triangolare e da un puntale troncoconico, è stato rinvenuto sporadicamente nel sito cultuale trentino di Stenico, nelle Valli Giudicarie. Si ipotizza che l’importazione di vini dall’Italia meridionale in questa regione potesse essere legata a pratiche religiose. Le testimonianze di anfore romane diventano più frequenti nel corso del I secolo a.C., specialmente dopo la metà del secolo.

Le anfore più comuni nel Trentino-Alto Adige sono quelle prodotte nell’Italia centrale e nell’area nord-adriatica, dal Piceno alla Jiénetia. Questi recipienti erano utilizzati per il trasporto dei vini locali, come il Raeticum, il Pucinum del territorio di Trieste e il Praetutianum dell’area picena.

Ma le anfore non sono solo oggetti d’arte e storia; nel Trentino-Alto Adige, alcune di esse sono tornate in auge grazie alla rinascita dell’enologia artigianale. Alcuni viticoltori locali hanno abbracciato le antiche tradizioni, utilizzando anfore di terracotta per fermentare e maturare i loro vini. Questa pratica, ispirata alla sapienza dei secoli passati, conferisce ai vini un carattere unico, catturando l’essenza del territorio e mantenendo viva la memoria delle antiche vie del vino.

Elisabetta Foradori è una produttrice che lavora seguendo i principi della biodinamica e che utilizza l’anfora per esprimere il potenziale dei vitigni autoctoni. Un mirabile esempio è Igt Vigneti delle Dolomiti Fontanasanta, una nosiola che fermenta e affina sulle bucce per circa 8 mesi in anfore di terracotta di Villarobledo in Spagna, le tinajas. Succoso, nato dalla sperimentazione della vinificazione del teroldego e di altre varietà a bacca rossa è Igt Vigneti delle Dolomiti rosso Lezer, che dimora sia per la fermentazione che per l’affinamento sia in vasche di cemento, botti di legno e anfore di terracotta. Di grande piacevolezza, come vuol indicare il nome e come spesso accade, le cose apparentemente “ semplici” sono frutto di un importante impegno. Igt Vigneti delle Dolomiti Morei è un teroldego le cui uve provengono dalla vigna caratterizzata da ciottoli e sabbia portata dal fiume noce; fermentazione e affinamento avvengono in Tinajas. Anche per Sgarzon, il teroldego che proviene dalla vigna situata a Mezzolombardo, nel cuore del campo Rotaliano e  Fuoripista da pinot grigio, vengono utilizzate le anfore spagnole.

Andreas Dichristin è un vignaiolo che vive secondo l’approccio biodinamico da più di 20 anni: situata vicino al Lago di Caldaro, la sua azienda Tröpfltalhof utilizza le anfore prodotte da Francesco Tava. I vini sono ottenuti da vitigni internazionali che hanno trovato il loro habitat naturale in quella zona, grazie alle amorevoli cure di Andreas: infatti tutto è svolto manualmente, non si usano prodotti chimici, né filtrazione e solo fermentazioni spontanee. Garnellen è un sauvignon blanc, coltivato su suoli ricchi di porfido vulcanico, calcare e scheletro e prende il nome dalla località dove sorge la cantina: pluripremiato dalla guida social I Vini del Cuore, si offre al naso con sentori di  pepe bianco, zenzero, agrumi ed erbe aromatiche mentre il sorso è pieno ed esprime freschezza, eleganza, sapidità.

Leggi anche:
Vini Bossanova

Vini Bossanova

Armonie ancestrali, ritmi cadenzati come le stagioni in vigna: l'uva vendemmiata a mano si pigia con i piedi e in botte ci finisce con il raspo ...

Barleith è un rosso ottenuto da cabernet sauvignon e merlot che fermenta con lieviti indigeni e rimane in anfora per 7 mesi sulle bucce; stessi vitigni, anche se in percentuale diversa per il rosato Rosèmarie, dedicato alla moglie di Andreas, che rimane in anfora sulle fecce per circa 11 mesi. Un luminoso colore cerasuolo, che regala sentori di lamponi, fragola, pepe bianco, erbe aromatiche e una delicata nota floreale. Di grande personalità e bevibilità, dimostra una bella persistenza.

Sempre di Francesco Tava sono le anfore usate da Griesserhof a Varna, vicino a Bressanone: luoghi dove la tradizione vitivinicola affonda le radici nel Medioevo. Le uve autoctone vengono coltivate in singoli vigneti che hanno suoli molto diversi: Gols, ricco di argilla e sabbia è ideale per il sylvaner, Gall con orientamento sud est a 800 mt slm è perfetto per il sauvignon, mentre la zona nel Riggertal garantisce gruner veltiliner strutturarti ed espressivi. Presente alla seconda edizione di Farm Food Festival a Merano, ha proposto un vibrante kerner affinato in anfora, oggetto della degustazione condotta dal patron del Merano Wine Festival Helmuth Köcher, che ha presentato la produzione vinicola dei “Masi Chiusi”.

In un’epoca in cui la tecnologia domina l’industria vinicola, l’uso delle anfore rappresenta un legame con le radici storiche e culturali della regione. E così, mentre i visitatori esplorano i paesaggi mozzafiato del Trentino-Alto Adige, possono anche assaporare il fascino del passato, sorseggiando vini che portano con sé il ricordo delle antiche anfore che un tempo solcavano i mari e le strade dell’antica Roma.

 E il nostro viaggio continua…

 

Condividi...
Share on Facebook
Facebook
Tweet about this on Twitter
Twitter




Potrebbe piacerti anche: