Top five di bollicine catalane

sensazioni e appunti di viaggio di @paolowine
“Con le bollicine del Penedès si vola sopra il Montserrat”

· di Paolo Bellocchi ·

 

A

l termine del viaggio nel Penedès, come spesso faccio alla fine di una vacanza, mi pongo l’interrogativo di quale sia stata la cosa più interessante, e poiché il viaggio è stato un Wine Tour, la domanda è orientata verso le belle cantine visitate, l’accoglienza ricevuta, il vino degustato, quello che sa più di territorio, e tutte le considerazioni emozionali che ormai mi contraddistinguono.

Confrontandomi con i miei compagni di viaggio, sono arrivato alla conclusione che almeno cinque cantine si sono rivelate più emozionanti, non una classifica, le cinque rientrano nella mia personale Top Five pari merito.

Le Aziende visitate appartengono a categorie diverse tra loro, anche per questo non è possibile fare una vera classifica, alcune con evidenze in etichetta della denominazione Cava, altre con il marchio Corpinnat, altre ancora con specifica di Conca del Riu Anoia, tutte apprezzate però nel territorio per la valorizzazione delle effervescenze.

Ne esce quindi una semplice esposizione delle migliori impressioni con valutazioni che di seguito racconto.

Tra le cantine visitate, la mia personale Top Five, in ordine di visita e assoluta ex aequo, è così composta:
MARIA RIGOL ORDI
MESTRES
LLOPART
RAVENTÓS i BLANC
RECAREDO
(successivamente dettagliate)

FATTORE STIMOLANTE

Prima di partire per questo viaggio, i vini della Catalogna li conoscevo poco, avevo pregustato qualche Cava arrivato nei miei calici negli ultimi anni; calici che mi avevano colpito per semplicità di bevuta e per grande freschezza, elementi per me comunque molto importanti.

Dal concetto di semplicità e dagli studi che comunque avevo a suo tempo approcciato, mi venne una grande curiosità e brama di approfondimento; seduto a un tavolo con alcuni amici lanciai l’idea di fare un viaggio per andare a scoprire gli spumanti direttamente nel Penedès, il tutto si è realizzato, ora posso dire la mia.

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IL VIAGGIO
Il giorno della partenza la sveglia suonò molto presto, difficile chiamarla mattina, poche ore dopo la mezzanotte il trillo mi buttò giù dal letto ma con la spinta dell’energia del viaggiatore la stanchezza non venne percepita.

Dopo un simpatico trasferimento in automobile verso l’aeroporto con i miei compagni di viaggio, il volo delle 7am per Barcellona, il corretto atterraggio dell’airbus, giusto il tempo per noleggiare un’automobile e con fermento in direzione “capitale degli spumanti catalani

Un breve viaggio in automobile, circa 40 minuti dall’aeroporto di Barcellona per raggiungere Sant Sadurní d’Anoia, e alle 10:30 già nella prima cantina a parlare di vino e ovviamente a ispezionare e assaggiare le bollicine.

Da questo momento prende ufficialmente inizio il nostro Penedès Tour, un susseguirsi di inviti speciali riservati a noi da meravigliose cantine.

E’ stato un viaggio didattico, le radiografie ad ogni singolo vino assaggiato non sono mancate, il viaggio però è stato anche pieno di momenti spassosi che, rafforzato dall’effervescenza degli assaggi, hanno alimentato la vivacità e la capacità di proseguire senza fatica.

Come al mio solito, evito di scrivere aspetti tecnici, quelli preferisco sempre raccontarli in presenza, tra le righe delle descrizioni che seguono però, qualche elemento potrebbe essere presente, provo a entrare in alcuni dettagli nei paragrafi a seguire.

MARCHI E MARCATORI
Cantine con filosofie diverse ma con un filo conduttore, seppur con storie di denominazioni, marchi, voci, stili, ecc… diversi, la congiunzione in Catalunya è quella che porta diretta allo studio dei vitigni autoctoni del territorio; i principali utilizzati sono Xarel-loMacabeuParellada, tutti e tre sorprendentemente a bacca bianca, piccole quantità di altri vitigni arrivano in alcuni calici, tipo Monastrell, Trepat, Xarel-lo Vermell, Sumoll, Bastard Negres, Malvasia de Sitges, Garnatxa; alcuni di loro sono a bacca nera ma la percentuale maggiore in queste bottiglie viene prodotte con i principali tre vitigni, il bianco in questa zona predomina ed è un bianco veramente abbagliante.

LA POTENZA DEI VITIGNI
La verità è che questi spumanti non possono somigliare ad altri nel mondo, perché il marcatore è chiaramente quello dei vitigni del territorio e sono uve che, per la loro unicità, si fanno riconoscere.

Lo Xarel-lo è presente in forma massiccia con percentuali spesso superiori al 50%, si aggiudica la maggioranza del contenuto di ogni bottiglia ma anche la maggioranza nei vigneti, è un vitigno di grande personalità che dà forza, scheletro e garantisce la longevità.

Nel calice lo posso confermare, è un piacevole protagonista e i produttori di tutte le cantine visitate lo hanno confermato.

Il Macabeu è un vitigno amico dello Xarel-lo, pare sia un grande elemento di supporto che con muscolo supporta la struttura e i valori di piacevolezza del primo.

La Parellada è utilizzata in piccola percentuale ma è identificativo il suo effetto, è il vitigno che cresce meglio in montagna, preferisce la ginnastica dell’escursione termica dell’altura e ne trattiene grande acidità.

Ovviamente sono molti i fattori che entrano in gioco sullo studio dei vitigni, questo mio è solo un primo approccio, da intendersi come un mero e generico sunto.

LA “CRIANZA”
Sempre sull’onda dell’impossibilità di mettere tutte le cantine sullo stesso piano, per stili e per appartenenza diversa, è emerso però un fattore che le accomuna tutte.

Nella missione di produrre Metodo Tradizionale di estrema qualità, non solo effervescenza, il fattore comune emerso è legato al concetto di “crianza“, da tutti confermato come giusto obiettivo per raggiungere la massima espressione degli spumanti.

La crianza non come l’utilizzo di vini base con grande maturazione, ma intesa come lunga sosta sui lieviti in bottiglia. Dalla partenza con vini idonei e semplici, il lavoro viene lasciato fare alla bottiglia durante la rifermentazione, un percorso per alimentare le tantissime bollicine, finissime, inarrestabili su tutto il calice e all’assaggio di grande cremosità.

La lunga crianza non cancella la sensazione vibrante di estrema freschezza e di piacevolezza all’assaggio, anzi, con questo stile miracolosamente viene trattenuta.

Il tempo è spesso considerato e definito come “un amico”, per aumentare e raffinare le bollicine ma lo scopo è di avere sempre l’agevole bevuta, non una complicanza per farlo diventare difficile o esasperato.

Abbiamo assaggiato vini con lunghi affinamenti e la vecchiaia nel calice non è stata mai percepita, ancora stiamo riflettendo se è merito dei vitigni, del territorio, delle grotte, dello stile o della crianza: la riflessione va avanti, così come ancora con gli stessi amici si continua con gli assaggi.

Inoltre, in queste bollicine non si avvertono estremi sentori di lievito né troppi terziari, la complessità è data da elementi che somigliano alla gioventù, sanno di cose apparentemente più semplici, una complessità di note che tornano facili all’assaggio, forse per questo che si bevono bene e comunque mostrano grande persistenza con un ritorno delle sensazioni.

E’ ben chiaro nel calice il riferimento ai vitigni, alla tipicità, alla tradizione e al territorio e la persistenza in bocca si unisce alla complessità di movimento e infinita proiezione delle minuscole bollicine, bollicine che danzano; la crianza, dunque, un fattore  per migliorare le bollicine e non per complicare.

IL TEMPO E IL MILLESIMO
Quanto detto sul concetto appunto della “crianza”, nelle cantine visitate, a differenza della realtà tutta italiana, non si dà la priorità solo al tempo, non c’è la consuetudine di calendarizzare ogni cosa, e soprattutto i produttori incontrati non si sono mai espresse parlando di mesi sui lieviti: qui il “quanti mesi sui lieviti” viene detto per ultimo a volte neanche viene raccontato.

Il vino viene messo in bottiglia per la rifermentazione con certezza che può durare molti anni e restando in buona forma, le bottiglie vengono sboccate quando servono non guardando esclusivamente il calendario.

Per risalire ai mesi, o meglio dire anni, bisogna andare a leggere l’annata e fare i calcoli, fortunatamente è molto frequente il millesimo, qui il vino si fa per le bottiglie; si vendemmia, si fa il vino base, si imbottiglia e si fa rifermentare, le stesse vengono messe a riposare sur lattes, a volte vengono scosse come se un bâtonnage en bouteille.

Solo dopo tanto tempo si arriva alle pupitre per i giusti giri e inclinazioni, termine che arriva alla sboccatura.

Pochi di questi vini arrivano in Italia; quelli in effetti degustati prima di questo viaggio, quelli molto giovani e semplici, seppur molto gradevoli, rappresentano forse solo l’idea, la vera essenza di questi spumanti è la raffinatezza, che seppur chiara anche dopo pochi mesi, con la giusta pazienza, arriva al massimo.

LE CAVES E LE BOTTIGLIE CON IL “CORCHO”
Il riposo paziente delle bottiglie, avviene in luoghi naturali, il territorio è costruito con una storia di lunghe grotte sotto le case, sotto il paese ecc…

Le Cave, chilometri e chilometri, sono fatte di lunghe gallerie e spazi arredati con pareti fatte di bottiglie sur lattes dal pavimento al soffitto.

Una grande tradizione si nota anche ammirando questi muri di bottiglie e guardando le chiusure, l’occhio salta al tappo, il “corcho“; frequente è l’affinamento con chiusura con il tappo di sughero con clip metallica di fissaggio, al posto del classico tappo corona e bidule, il mio pensiero è andato subito verso la tecnica utilizzata per la sboccatura, inevitabilmente implicita è la sboccatura a mano.

Raramente, inoltre, si parla di sistema “a la glace”, sembra per loro un artificio che mal si sposa con la tradizione.

In catalogna il lavoro qualificato a mano è colonna portante, la meccanizzazione appartiene solo ai grandi numeri, anche se alcuni grandi numeri li ho visti fare comunque a mano.

Ovviamente non tutto è manuale, resta sempre un luogo dove i numeri di bottiglie di metodo classico prodotte sono al vertice e quindi la meccanizzazione e le chiusure standard sono in uso, le bottiglie di nicchia però conoscono il sistema manuale. Il risultato in termini di qualità è meraviglioso.

IL DOSAGGIO
Nella maggioranza dei casi, dopo la sboccatura, la conclusione è senza dosaggio (o comunque bassissimo), prima della tappatura definitiva, le bottiglie vengono ricolmate con lo stesso vino, evidentemente i vitigni e le tecniche utilizzate non hanno bisogno di aiuto.

La forza però la fanno oltre che le tecniche, lo Xarel-lo, il Macabeu, la Parellada ecc… sono fantastici.

IL CAVA
E’ una denominazione molto aperta e molto grande, il mio racconto però riguarda i Cava del Penedès, nelle zone del Cava ci sono grandi fermenti, a volte in termini di sostenibilità, verso la tradizione, sempre più spinti verso l’ecologia e sicuramente verso la quantità, non è Cava e basta.

LA CLASSIFICAZIONE
In questo viaggio non siamo andati alla ricerca di record ma di piacevolezza, ovviamente è impossibile per un metodo classico arrivare all’eccellenza con poco tempo, quindi pur studiando le classificazioni soprattutto quelle dettate dalla denominazione Cava e i suoi riferimenti in termini di mesi di affinamento sui lieviti, il pensiero è andato oltre.

Che sia un Gran Reserva o anche più, non è l’unico elemento, nel calice quello che è importante è la rispondenza; la stessa filosofia è applicata anche dai produttori, tutto si fa per avere il vino nel calice, non per compiacersi delle etichette.

Ben vengano classificazioni per aumentare mesi, zonare, piuttosto che per specificità o strette sulla qualità; il fermento delle cantine di cui alla mia Top Five è già alto e la classificazione, denominazione, etc. non è necessaria, è implicita, qui si fa qualità.

CORPINNAT
Una storia tutta orientata verso la spiccata qualità e decisamente identitaria, un piccolo gruppo di produttori ha deciso di scriverla in bottiglia.

Pur valorizzando il territorio, la denominazione Cava risultava un po’ generica per loro. Nella D.O. Cava le menzioni aggiuntive non sono contemplate, quindi i produttori interessati si sono attivati con una richiesta di un marchio collettivo all’Unione Europea specificando l’obiettivo con intenzione di distinguere i grandi spumanti prodotti nel cuore del Penedès.

Confermato pertanto questo mondo parallelo al Cava, per il marchio è stato scelto il nome Corpinnat; termine che nasce dall’unione di due parole “Cor“, il cuore, inteso come centro del territorio dove si producono sin dall’inizio i primissimi spumanti di Spagna e “Pinnat” che deriva da Pinnae in riferimento all’origine della parola Penedés.

I valori già anticipati dalla richiesta del marchio, sono oggi confermati dall’Associazione dei Produttori in maniera chiara e sono evidenziati con la volontà di produrre vini con i seguenti parametri: vigneti biologici al 100%, vendemmia manuale, vinificazione in loco, lungo invecchiamento, impegno nell’uso delle varietà storiche, vigneti di proprietà o in alternativa contratti di vigneti in gestione a lungo termine.

CONCA DEL RIU ANOIA
Un’area geografica che appartiene senz’altro a un territorio molto chiaro, quello che costeggia il fiume Anoia.

Tutto il collegamento è rivolto ad una sola cantina della mia Top Five, non è una denominazione, non è un marchio è qualcosa di unico e ha a che fare con fattori direttamente legati a un nome, la specifica in etichetta non è associata ad alcuna denominazione né marchi, va oltre i nomi e la filosofia, è di grandissima qualità e riconoscibile ma è necessario un approfondimento.

Qualche riferimento sul Conca del Riu Anoia, la aggiungo in dettaglio a una delle mie cantine preferite, di seguito da me riportate in dettaglio.

BIO O CHE?
Un movimento verso la natura delle cose e meno impiego di chimica, è già abbastanza in uso in questo territorio, anche nella denominazione più grande e generica, quella del Cava; nuove politiche prevedono un futuro totalmente Biologico, che reputo interessante, del resto grazie agli studi e strumenti enologici ora in possesso, è possibile limitare gli interventi in vigna e in cantina e rientra anche in una svolta culturale ormai diffusa e che vale la pena utilizzare.

Molte le bottiglie già con il simbolo verde con la “Euro-Foglia“, anche se ci sono molte realtà che pur non avendo ancora ottenuto il marchio in realtà sono in conversione al biologico, in attesa della certificazione.

C’è poi chi addirittura si spinge oltre il biologico, del resto il territorio si presta, è possibile aggiungere sempre più filosofie del benessere, nella mia Top Five c’è anche chi rientra in progetti di biodinamica e stili orientati contro la chimica.

Sempre nell’ottica della mera degustazione, a prescindere dalle tecniche più ecologiche, l’esame l’ho fatto fare ai calici e non ai simboli.

I vini non hanno mai evidenziato difetti all’assaggio e i sentori mai associabili alle note spesso presenti nei vini con meno interventi.

Sarà merito della “crianza”, del vino base ben fatto, delle tecniche giuste e mai improvvisate, della sperimentazione e studio, non saprei dire, sicuramente appartengono alle tante varianti che un enologo vorrebbe scoprire, io mi sono limitato all’assaggio.

Personalmente ho scrutato le etichette e chiesto schede tecniche solo dopo aver assaggiato i vini, proprio per non essere influenzato e invitato a ragionamenti particolari.

Lo stupore è stato grande quando ho assaggiato spumanti con certificazioni più spinte senza avvertire quelle note selvagge spesso presenti e a volte giustificate. Qui nessuna giustificazione, nessun difetto, nessun lievito indesiderato, esiste il vino ben fatto ”.”

 

I NUMERI DELLE BOLLICINE
Attraverso un approfondimento, è stato interessante verificare la produzione di spumanti anche in termini di numeri, non è la mia priorità e infatti evito sempre di riportare tabelle contenenti numeri con vari zeri e percentuali, mi limito a sottolineare in questo mio racconto solo il fatto che la produzione degli spumanti catalani è vertiginosa, le innumerevoli bottiglie che ho visto di persona ne sono la conferma.

Oltre i numeri mondiali, anche un dettaglio locale salta all’occhio, due sono le aziende in particolare che detengono il primato: le cantine che producono di più sono le famose Freixenet e Codorníu: la bellezza delle strutture e la storicità, affiancata al numero di bottiglie prodotte sono di gran richiamo e, arrivati a Sant Sadurní d’Anoia, una visita in queste cattedrali è d’obbligo.

Noi abbiamo visitato Freixenet e magari tornando visiteremo anche Codorníu.

Del resto, l’idea di questo viaggio è nata proprio davanti a un meraviglioso calice di un’etichetta dei Gran Reserva Freixenet, che è stata forse la spinta per fare questa visita, che definirei, in una parola, entusiasmante.

Freixenet è assolutamente consigliata, anche per chi vuole arrivare in treno, praticamente la stazione ferroviaria è davanti l’ingresso principale dell’azienda e merita veramente.

Varcata la porta d’ingresso si entra in un museo, una conservatoria della cultura del Cava che evidenzia la storia ed essa si apprende ancor più scendendo nei tanti piani delle Cave sotterranee, la discesa arriva a un punto dove i vini sono assolutamente rappresentativi e le bottiglie fanno la storia.

La qualità è rispettata anche da chi fa grandi numeri, come le etichette di Codorníu, che sarà certamente oggetto della mia prossima visita in questo territorio, già mi prefiguro nelle loro cave in avanscoperta con il famoso trenino che l’azienda mette a disposizione per la visita, sicuramente non come un turista per caso.

EVENTI EFFERVESCENTI
Territorio di grande celebrazione del vino, innumerevoli le feste e gli eventi che valorizzano principalmente il Cava.

Il nostro viaggio ovviamente non poteva non comprendere anche una festa, e a due passi dall’albergo nel centro di Sant Sadurní d’Anoia, una camminata con il calice in mano è d’obbligo.

L’evento programmato per il giorno del nostro arrivo, si chiama Cava Tast , e tutte le aziende del territorio offrono la possibilità di assaggiare le loro bollicine.

Una gran bella esperienza e tra i contatti presi sono emerse anche delle eccellenze, che in un secondo viaggio sarebbe interessante andare a provare direttamente in cantina.

LA TOP FIVE
Come annunciato in premessa, non è una classifica ma una evidenza emozionale. In breve, ecco le cinque cantine in ordine di visita:

– MARIA RIGOL ORDI
Una cantina nel centro del paese, in una traversa di Sant Sadurní d’Anoia, si apre un ingresso in un semplice palazzo, e varcata la soglia del portone inizia la gentilezza.

Sin dall’invito via e-mail, l’accoglienza  si è mostrata subito reale per noi “sommelier italiani”; la piccola cantina e i pochi strumenti tipici fanno pensare a una limitata produzione di famiglia.

E proprio di famiglia si parla, è un progetto che riprende la tradizione vinicola famigliare dal 1897.

Un progetto che continuò grazie alla sig.ra Maria e portata avanti ora dalla nipote Anais.

Dal piccolo spazio introduttivo, la camminata va oltre l’ingresso e spingendoci sempre più avanti, si cominciano a percorrere spazi e gallerie di bottiglie a riposo, e sono tantissime,  la proporzione tra il piccolo spazio visto all’inizio e il numero di bottiglie ci fanno comprendere che l’obiettivo evidentemente non è lavorare in cantina ma creare le bollicine in bottiglia.

Al termine dei tunnel, a confermare il desiderio di condividere con noi la loro passione, ci è stato riservato un punto d’assaggio tra le bottiglie.

Suggestiva la location e altresì la modalità professionale con cui abbiamo fatto la degustazione, spumanti che si sono rivelati tutti magnifici con dei picchi di eccellenza che hanno senz’altro confermato la nostra sensazione iniziale.

La particolarità di Maria Rigol Ordi è che, oltre allo stile molto chiaro e la capacità di esprimersi anche senza dosaggi, l’Azienda è impegnata pure in una sperimentazione che ben fa intuire l’importanza di ogni singolo vitigno.

Con i loro “Microtiratges” ci regalano momenti didattici che apprezziamo molto. Territorio, tecnica e stile dentro bottiglie dalle numerosissime bollicine.

Il racconto della visita nelle cantine Maria Rigol Ordi  riporta a delle sensazioni non facilmente spiegabili, fatte di tante cose, dalle nozioni tecniche apprese, all’ospitalità ricevuta, ai corridoi di bottiglie che incantano: vini che sono un biglietto da visita inconfondibile.

Abbiamo assaggiato l’intera gamma, una decina di bottiglie e siamo rimasti ammaliati da ogni singolo calice, così è andata.

– MESTRES
Passeggiando per la piazza del Municipio di Sant Sadurní d’Anoia, si avverte una piacevole sensazione, ora apprendo il perché.

Tra i palazzi storici tutti intorno alla piazza, c’è quello di Mestres, uno di quelli con il grande portone. Incontriamo David che ci fa varcare l’entrata immergendoci nella storia Mestres.

Si parte dall’anno 1312 e attraversando tante fasi, si arriva al passaggio che segna un momento importante per le bollicine, quella che sottolinea il primo Brut Nature.

Una storia fatta di tante date e vari eventi che David ci racconta, tutti strettamente legati all’origine del Cava.

Invero, di questa storia avevo già provato a studiarne le fasi salienti, ma i dettagli puntuali ascoltati, oltre a confermare le nozioni che già conoscevo, mi hanno fatto comprendere alcune scelte tecniche che ritrovo nei calici, motivo principale di questo mio viaggio.

Faccio un passaggio attraverso la cantina e noto delle botti di legno, fanno parte dell’identità Mestres? Proseguendo il giro si percorrono scale in discesa e si arriva nelle antiche cave.

La storicità e le tante bottiglie emozionano ma in quel momento capisco il perché della sensazione che sentivo nella piazza del Municipio, le grotte sono proprio sotto tutta la piazza.

Anche in questa cantina l’uso del corcho in rifermentazione, il tappo di sughero utilizzato per tappare le bottiglie in affinamento sui lieviti.

I muri di bottiglie sur lattes sono tanti ed è entusiasmante passarci in mezzo, qui si comprende la “pazienza e il tempo“. Un giro assolutamente necessario se si vuole capire lo stile poi ritrovato nel calice.

Il mondo Mestres mette in evidenza l’uso di vini base con maturazioni in legno, stile non frequente in questa zona, ma l’uso delle botti è seguito e sperimentato, i terziari che si accumulano sono senz’altro parte della filosofia Mestres, eppure non risultano l’unica scelta, tutto il resto avviene sapientemente in bottiglia con i giusti tempi e cercando equilibri interessanti.

In sala degustazione, le bottiglie, stappate professionalmente, con l’attenzione particolare da parte di David di portare gli spumanti correttamente nei calici.

Alla domanda su cosa pensasse del Sabrage, mi ha risposto che, pur essendo un metodo dilettevole e spettacolare, non è certamente consigliabile con spumanti di buona levatura, è violento e disperde la qualità.

Dal primo all’ultimo vino assaggiato è un crescendo, la filosofia Mestres si comprende bene nei vini di lunga crianza e lo stile è trasversale.

Durante gli assaggi si ripercorre la storia e ci tratteniamo su quello che è stato il primo vino senza dosaggio, ancora prodotto dall’Azienda con lo stesso criterio.

Per parlare di tutti i vini non basterebbe un libro, mi astengo e dico che è preferibile farlo davanti ai calici, sono vini veramente eleganti e che lasciano il segno. Assolutamente da provare.

– LLOPART
Uscendo da Sant Sadurní d’Anoia, in direzione verso Serra d’Ordal, dall’altra parte della vallata, in cinque minuti si arriva sulle colline opposte.

Questo trasferimento è necessario per ammirare il paesaggio, i vigneti, i paesi e le cantine, il viaggio è marcato anche dai simboli delle strade del vino, organizzazioni interessanti che valorizzano il territorio e che invitano a viverlo.

Arrivati sulle dolci colline del territorio, si varca un cancello che introduce all’Azienda, un simbolo per i Corpinnat.

Dopo una piacevole accoglienza si entrare nella storia, fatta di racconti temporali e un passato di grande tradizione, e poi si arriva al nome Llopard, che è il cognome della famiglia: seppur in tracciabilità molto lontana, il nome è strettamente legato a un’origine italiana che parte dall’antenato Bernardus Leopardi al quale vennero assegnati dei vigneti, nome poi divenuto Bernat Llopart.

Da bravi campanilisti ci sentiamo più felici nel sapere che c’è un DNA italiano, ma non è questo ovviamente il nostro principale interesse, siamo venuti in questa azienda per capire lo stile, assaggiare i vini e contare tutte le bollicine.

L’ingresso della cantina ci lancia verso gli elementi storici esposti sulle pareti, mappe del territorio, ritratti di famiglia e la prima bottiglia di Espumos.

Salendo una scala fin sopra alla torre che sovrasta lo stabile, si arriva in un balcone circolare, una torretta a 360 gradi sul territorio, i vigneti e da un versante il Monserrat che appare come uno schermo opposto a casa Llopard, in questo territorio cresce benissimo la Parellada, viene confermato infatti che è un vitigno che ama le alture.

Ridiscesa la scala, via giù nelle cave, si attraversano corridoi che non stancano, bottiglie su bottiglie a riposare, una cattedrale arredata dai fondi da dove in alternanza si sbircia ogni singolo corcho.

Un’ospitalità signorile che raggiunge l’apice tra le pareti di vetro dell’elegante sala degustazione, ad accoglierci direttamente la proprietaria; apre le bottiglie per noi e tra una mescita e l’altra alle domande risponde direttamente Llopard, in ausilio un grande sommelier del territorio, con i calici parliamo la stessa lingua e si entra nel vivo di ogni singola effervescenza.

Tutta la premessa è presente in ogni singola vibrante bollicina. Impossibile comprendere gli spumanti del Penedès senza assaporare Llopard.

– RAVENTÓS I BLANC
Nella tenuta di proprietà della famiglia Raventòs dal 1494, David ci accompagna in una passeggiata di più di un’ora per le vigne, ci soffermiamo a guardare e toccare le grandi pietre ornate dai fossili che testimoniano conchiglie marine dalle forme antiche, e attraverso il panorama che va dalla collina alla vallata e che costeggia il Riu Anoia, sullo sfondo come a proteggerla, si scorge sempre il Montserrat.

Una vigna che in realtà è un parco della biodiversità e che, con criteri di sostenibilità, adotta tutto ciò che è naturale; la vigna, il bosco, il laghetto, le capre, i maiali, gli asini, il pollaio, le casette nido per gli uccelli, una Finca con cavalli che vengono utilizzati per lavorare i terreni nelle vigne più in collina.

Un’attenzione alla natura, confermata anche da Demeter con la sua certificazione della biodinamica, che però rappresentata una scelta senza vincoli, nasce dall’impegno dell’amore verso la propria terra.

Ogni elemento della natura viene esaminato e supportato per far arrivare le radici delle viti di tradizione, fino ai calici.

Il vino qui non vuole denominazioni né marchi, è il territorio che appare in etichetta e lo fa direttamente con il suo nome, Conca del Riu Anoia, una menzione che non è aggiuntiva, è il simbolo di un luogo specifico, di biodinamica e di storia importante, quella di una delle tradizioni vitivinicole più antiche al mondo, storia che vale la pena studiare e che porta alle origini della nascita del primo spumante metodo tradizionale con sole uve autoctone.

In cantina, attraversando gli spazi tecnici, tutto sottolinea lo stile biodinamico, non mancano evidenze di sperimentazione e, rivolti verso la valorizzazione delle uve autoctone, Xarel·lo, Macabeu, Parellada, Monestrell, Bastard negre, Sumoll e Xarel·lo vermell, confermano quanto già presentato in vigna.

Assaggi di vasca davvero emozionanti ci introducono a una pulizia e a gran rigore dei vini, la vinificazione non è casuale, la natura viene sapientemente gestita e le aspettative sono ormai per noi alte.

Non mancano le cave, con luci non invadenti vengono illuminati i lunghi corridoi di bottiglie e pupitre che sembrano non avere termine.

Una luce in fondo a un tunnel salta all’occhio, percorrendo la galleria si arriva in uno spazio elegantemente arredato con al centro un tavolo di forma oblunga con i calici pronti e riservati per la nostra degustazione.

Le bottiglie che confermano tutta la gamma, all’assaggio evidenziano tutti gli aspetti studiati e confermano senza alcun dubbio le nostre aspettative, superate al termine con una bottiglia fuori programma che lascia tutti senza parole.

Elorena e Mariona sin dalla cantina e poi con noi al tavolo, ci supportano in tutta la degustazione.

Un esame tecnico di alto livello ma anche tanto feeling, elemento che unito alle eccellenze assaggiate spostano l’asticella in alto raggiungendo fattori emozionali.

Assaggiare e vivere la realtà Raventòs i Blanc è necessario per comprendere l’essenza del territorio del Conca del Riu Anoia.

– RECAREDO

Da un punto di partenza datato primi anni del ‘900, la storia di un visionario che dalla professione di sboccatore inizia e costruisce la propria cantina, scavando di persona le sue grotte.

Nasce così un progetto di famiglia fatto di artigianato e solo con strumenti della tradizione.

L’impegno dell’azienda, già evidente dalle origini e confermato anche oggi, è quello di valorizzare il vitigno autoctono del territorio Xarel-lo, i primi a vinificarlo anche in purezza.

Oggi il vitigno è presente nei vigneti di Recaredo in misura dell’oltre 60%, la restante parte con Macabeu, Parellada, Garnatxa e Monastrell.

Corpinnat è il marchio che supporta il progetto Recaredo, il loro vino parla di paesaggio, di amore della terra e tutto viene fatto con onestà e rispetto.

La loro biodinamica, certificata Demeter, si percepisce ovunque e conferma che per ridurre l’intervento chimico è necessaria la conoscenza, lo studio e grande attenzione dalla vigna ai processi di vinificazione.

Dalla biodiversità indotta in vigna, ai sistemi naturali, tutto arriva in bottiglia, Recaredo conosce i segreti del tempo e si impegna a produrre spumanti solo dal lungo invecchiamento.

Solo tecniche manuali sia in vigna che in cantina, solo tappo di sughero, il corcho fermato dalla sua clip metallica è la chiusura per il lungo periodo di riposo, la prima azienda ad essere certificata Aged With Cork.

La crianza viene così costruita in questo Corpinnat ed è possibile riscontrare nelle bellissime cave, corridoi a cui siamo a questo punto del viaggio abituati, ma che in questo caso risaltano particolarmente.

Nelle cave preferiscono non farci scattare foto, e grazie a questo invito, ci godiamo di più il momento.

Nelle cave troviamo personale specializzato al lavoro, dalle vibrazioni delle bottiglie ai rumori delle pupitre, arriviamo alla sboccatura.

Forse per compensare il divieto di prima, ci viene riservato un gran regalo, muniti di calici e una sboccatura da assaggiare, uno spumante dai tantissimi mesi sui lieviti che esplode per noi e lo assaggiamo nel suo luogo di riposo.

La temperatura di servizio è quella della cava, è tutto perfetto e il vino eccellente, la foto alla bottiglia senza etichetta e al calice però è stata scattata.

In questo regno degli spumanti senza dosaggio, anche assaggiare un vino appena sboccato fa comprendere l’essenza, un periodo dopo la sboccatura riaffina e riordina le bollicine ma in questo caso si parte da un livello altissimo.

Saliti nella bellissima sala degustazione, l’esperienza viene confermata dalla raffinatezza di ogni singola bottiglia, per obiettivi e criteri diversi, ogni vino è risultato unico e rappresentativo.

Una degustazione di vini fermi e spumanti di tutte le forme e colori, a tratti eravamo senza parole.

Vini molto diversi da quelli assaggiati in Italia prima di partire per questo territorio, questi sono vini che rappresentano il  Corpinnat con una raffinatezza che va oltre il comune.

CAL XIM

Durante il viaggio per cantine, attraverso le molteplici esperienze, e i tanti vini assaggiati, ho assimilato molte sensazioni e il mio taccuino me le ricorda; i tanti appunti che sto trascrivendo con questa mia narrazione amatoriale racchiudono un’esperienza che ho cercato di riepilogare senza troppi tecnicismi, quasi un diario di viaggio anche se, in compagnia di Maestri è quasi inevitabile l’acquisizione didattica delle cose.

Tra le tante esperienze enologiche non sono mancati ovviamente momenti di svago e incontri, con pranzi e cene, uno tra tutti è rimasto particolarmente impresso; al termine della visita in una delle cantine della mia Top Fine, Mestres, siamo andati con David a Sant Pau d’Orda (Subirats) a mangiare da Cal Xim, un ristorante che in modo semplice ben si presenta già fin dalla porta d’ingresso; con grande accoglienza ci accompagnano all’assaggio di tante pietanze territoriali, fatte con sapiente arte culinaria e grandi tecniche.

Nel ristorante, sbirciando la cucina si nota un grande ordine, una griglia fatta a regola d’arte che non è però solo brace, è l’elemento di valorizzazione di alcuni piatti.

Sfoglio la carta dei vini molto interessante, nel ristorante tutto parla di enologia ma a tavola vogliamo accompagnarci con i vini di Mestres che tanto ci hanno appassionato e saranno così il nostro elemento di congiunzione con Cal Xim.

Gli abbinamenti risultano vincenti, un pranzo condito con la gentilezza del proprietario e dal personale di sala, che si conclude con una foto di gruppo.

Luogo dove spero di tornare presto. Della crema catalana e del crock della caramellatura ve ne parlerò di persona.

LA CADIRA
Al termine delle lunghe giornate, colme di impegni e inviti, vissute intensamente e senza mai dare adito alla stanchezza, si giunge alla conclusione del viaggio.

Nel resoconto del Tour è insito il desiderio di tornare in questo territorio, per salutare le tante persone che abbiamo avuto il piacere di conoscere e per aggiungere anche altre esperienze.

Con l’automobile stipata di bagagli, in direzione aeroporto, ma con ancora una curiosità da soddisfare, questa volta di natura meramente paesaggistica e così una deviazione sembra giusto farla.

Ci attrae subito un simbolo, tipo quello delle Big Bench, in realtà è una big chair, la Giant Chair – Miravinya La Cadira.

Per arrivarci le indicazioni ci portano sulla vetta della morbida collina di Malgranada (Torrelavit). Una sedia gigante invita a fermarsi per ammirare le proporzioni del panorama.

Molti sanno che salgo sulle panchine giganti con un virtuosismo tutto mio, ce l’avrò fatta anche con la grande sedia?

Per il resto c’è il mio account instagram @paolowine, un’alternanza tra pubblicazioni serie e semi-serie.

 

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