L
e anfore, vasellame di terracotta utilizzato per il trasporto e lo stoccaggio di merci come olio, vino, cereali e altri beni, erano strumenti cruciali nel commercio e nella vita quotidiana nell’antica Liguria, così come in molte altre regioni del Mediterraneo.
Nell’antica Liguria, le anfore venivano utilizzate principalmente per il trasporto e lo stoccaggio di prodotti agricoli come olio d’oliva, vino e salse di pesce. La regione era strategicamente importante per il commercio marittimo, e le anfore costituivano una parte essenziale di questo sistema di scambio.
Numerosi reperti di anfore sono stati scoperti in siti archeologici lungo la costa ligure e nell’entroterra, testimonianza del ruolo vitale che svolgevano nell’economia e nella cultura della regione antica. Questi reperti forniscono preziose informazioni agli archeologi e agli storici sulle abitudini commerciali, sulle relazioni culturali e sugli stili di vita delle popolazioni antiche.
Alcuni dei musei in Liguria che potrebbero ospitare testimonianze dell’utilizzo delle anfore nei tempi antichi includono:
- Museo Archeologico di Genova (Museo di Sant’Agostino): Situato a Genova, questo museo ospita una vasta collezione di reperti archeologici provenienti dalla regione, comprese anfore e altri manufatti romani.
- Museo Archeologico di Savona: Questo museo, situato a Savona, contiene reperti archeologici provenienti dalla città e dalle sue vicinanze, tra cui anfore e altri oggetti di interesse storico.
- Museo Archeologico di Albenga: Situato nella città di Albenga, questo museo ospita una collezione di reperti archeologici provenienti dalla zona circostante, che include reperti romani e pre-romani, tra cui anfore.
- Museo Archeologico di Noli: Noli è una città costiera in Liguria con una storia ricca di commercio e contatti culturali. Il suo museo archeologico potrebbe contenere testimonianze dell’utilizzo delle anfore nella regione.
- Museo Archeologico di Ventimiglia: Situato a Ventimiglia, questo museo ospita una collezione di reperti archeologici che risalgono all’antichità romana e pre-romana, tra cui potrebbero esserci anfore.
Il viaggio alla scoperta dei produttori che usano l’anfora in Liguria continua: La Frustaia è una azienda agricola nei Colli di Luni che nasce nel 2012, con l’obiettivo di produrre vini espressivi del territorio, nel rispetto della natura e della sostenibilità, sia in vigna che in cantina. Le vigne seguite da Eloisa Copedè si estendono per circa 6 ettari e vengono coltivati i vitigni autoctoni.
Igt Liguria di Levante Guado alla Volpe è un rosso, che dopo la fermentazione in tino di acciaio aperto, matura per metà della massa in acciaio e per metà nelle botti di ceramica clayver. Igt Liguria di Levante Gaggio dell’Uceliera viene prodotto con uve di vermentino e trebbiano macerate in tini di acciaio, mentre l’affinamento avviene interamente nel gres ceramico delle clayver per 6 mesi.
Ci dirigiamo ora nel Ponente Ligure.
Siamo a Ranzo, uno dei loghi d’elezione per la coltivazione e produzione di Pigato, un vitigno autoctono a bacca banca imparentato con il vermentino.
L’azienda Bruna nasce intorno agli anni Settanta quando Riccardo Bruna cominiciò a imbottigliare il vino ottenuto dalle vecchie vigne di pigato; fu il primo del paese a lanciarsi nell’impresa, appoggiato da Virginio Cappello, suo suocero. L’impegno costante di Riccardo, chiamato affettuosamente da tutti noi “U Baccan”, il capo in dialetto, si è tradotto in un ampliamento dei vigneti di proprietà coltivati che oggi sono arrivati a circa 8 ettari e alla creazione di vini che rispecchiano con personalità la tipicità varietale. Purtroppo Riccardo Bruna è mancato nel 2018, lasciando un grande vuoto e l’azienda in mano alle operose figlie Francesca e Annamaria e a Roberto, marito di Francesca.
Leggi anche:Vinificazione in anfora: storia, tradizione e innovazione
Uno dei vini più espressivi dell’azienda U Baccan, il pigato dedicato al fondatore, viene vinificato in modo molto particolare: si utilizzano botti di legno, acciaio e vasi in gres di Clayver. Le uve provengo in massima parte dal cru Le Russeghine, caratterizzato da argille rosse. Il vino si offre nel calice con un luminoso giallo paglierino intenso con riflessi verde oro; al naso si apprezzano sentori di erbe aromatiche, frutta matura a polpa gialla, scorza di cedro, miele di acacia, con fine nota di silice. Avvolgente in bocca, chiude su note fruttate, con un finale sapido.
La Casetta di Ranzo è nata come azienda agricola nel 2001 ma i vigneti e le vinificazioni sono iniziati con il nonno Pin negli anni Sessanta a Ranzo: il suo famoso pigato ottenne un prestigioso riconoscimento alla Fiera di Salea nel 1977. La nuora Lorena e adesso Giada proseguono il sogno di Pin e attualmente nella proprietà si coltivano pigato, vermentino, ormeasco e rossese. Nella produzione troviamo Agape un pigato,dal colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati. Il corredo olfattivo offre salvia e agrumi. Il sorso è pieno, fresco e salino. La vinificazione prevede una macerazione sulle bucce, fermentazione spontanea in acciaio senza aggiunta di lieviti artificiali e a temperatura controllata e l’affinamento per circa 9 mesi in contenitori di ceramica Clayver da 250 lt. Viene messo in bottiglia senza alcuna filtrazione.
Riccardo Sancio è una persona da conoscere: dopo anni trascorsi in Piemonte il richiamo di casa, del mare, delle vigne in mezzo agli ulivi della famiglia, lo ha spinto a dare una svolta alla sua vita e a continuare l’attività del padre. Siamo vicino a Spotorno, in provincia di Savona, patria di un vitigno autoctono molto particolare, la lumassina. Grande acidità, profumi freschi, per vini godibili e conviviali. La sua produzione è davvero interessante e di qualità; i vini hanno nomi ed etichette molto suggestive, a cominciare dalla bollicina metodo classico, 24 mesi sui lieviti ottenuta da lumassina Lady Chatterly, per arrivare alla lumassina vinificata in contenitori Clayver di gres Estica. Vino nato durante la pandemia, che ha generato stupore al primo assaggio e un nome adatto da portare con grande onore.
Un viaggio affascinante in cui abbiamo scoperto alcuni vitigni autoctoni della Liguria proposti utilizzando questi particolari contenitori che ci legano al passato, rivisitato in chiave moderna.