( Parte prima)
· di Olga Sofia Schiaffino ·
N
ei territori magri e impervi della Liguria, tra la brezza marina e i raggi del sole che bagnano i vigneti, si cela un’antica pratica che sta ritornando prepotentemente alla ribalta: la produzione del vino in anfora. Questa tecnica millenaria, che risale alle civiltà dell’antichità, ha trovato nuova vita grazie alla passione e alla visione innovativa di produttori.
Il primo che iniziò la sperimentazione fu sicuramente Andrea Kihlgren, proprietario dell’Azienda Agricola Santa Caterina a Sarzana, in provincia di Spezia. La sua avventura di vignaiolo inizia alla fine degli anni Ottanta, occupandosi dei terreni della madre, illustre membro della famiglia Picedi Benettini. Rispettoso della natura e delle persone, lavora da sempre secondo la pratica biodinamica.
Già nel lontano 2014, Andrea aveva abbracciato l’uso delle anfore di terracotta, scegliendo quelle prodotte da Luigi Risso di Savona, aprendo la strada a un viaggio enologico straordinario. Il primo vino a sperimentare questo antico metodo è stato LM, un vibrante vermentino sottoposto a una lunga macerazione, che sa catturare l’essenza del territorio ligure in ogni sorso.
Ma l’innovazione non si è fermata qui. Santa Caterina ha ampliato il suo repertorio con vini in anfora distintivi come il Poggi al Bosco, ottenuto dall’albarola, e il Poggi Alti, un vermentino proveniente da un terreno argilloso di origine alluvionale, che matura parte in acciaio e parte in grès.
L’utilizzo delle anfore di terracotta ha contagiato nel tempo altri produttori liguri, spingendoli a esplorare nuove frontiere dell’enologia. Tra questi, spicca Daniele Parma, dell’azienda La Ricolla, nella zona del Tigullio, che utilizza le anfore provenienti da Impruneta, in Toscana. Convertitosi prima in biologico e da circa 5 anni in biodinamica, si è votato all’uso di orci di terracotta, dando vita a vini straordinari come l’Oua (vermentino che macera 14 giorni sulle bucce in anfora), l’Oua al Quadrato ( un vermentino senza solfiti aggiunti) per i bianchi e il Granaccia e l’Orcio Più per i rossi.
Nei Colli di Luni, oltre all’Azienda Santa Caterina, si ergono altre eccellenze enologiche che portano avanti la tradizione delle anfore: Stefano Salvetti e Laura Angelini de la Pietra del Focolare. Da qualche anno, queste due anime appassionate della viticoltura presentano uno stupendo vermentino in anfora, conferendo un tocco di magia al panorama vinicolo della regione.
La comunicazione dei loro prodotti è affidata alla figlia Linda, che con maestria trasmette la passione e la storia dietro ogni bottiglia. Ma non è solo la storia a conferire fascino a questi vini; anche in cantina, i contenitori vengono coccolati in un’atmosfera unica. Le vibranti arie musicali che Stefano sceglie con cura avvolgono le anfore, creando un’armonia che si riflette nel vino stesso.
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L’armonia dentro e fuori il vino è il mantra che guida l’Azienda Pietra del Focolare, un’espressione di un connubio perfetto tra arte, scienza e passione. Grazie a questa filosofia, ogni sorso di vermentino in anfora racconta una storia di amore per la terra e per la tradizione, trasportando chi lo assapora in un viaggio sensoriale senza tempo attraverso i meravigliosi paesaggi dei Colli di Luni.
La produzione del vino in anfora in Liguria non è solo un ritorno alle radici, ma anche un’evoluzione verso il futuro, dove antica sapienza e moderna innovazione si fondono per creare esperienze enologiche uniche e indimenticabili. Grazie all’audacia e alla passione dei produttori come Andrea Kihlgren e a chi ha seguito il suo esempio, il vino ligure continua a stupire e incantare i palati di tutto il mondo.
