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agia di Vulcano è un vino particolare.
Prima di tutto in commercio ci sono solo 120 bottiglie.
Non è la sua rarità a renderlo prezioso, ma il progetto che ci sta dietro, partito da un rapporto umano autentico e sincero.
Siamo sull’Etna, a 700 metri s.l.m. a Passopisciaro (Passo del pescivendolo), un crocevia importante che prende il nome da un fatto di sangue occorso nell’Ottocento: dopo avergli rubato l’identità e i vestiti per giocare uno scherzo al Capitano Giustiziere di Randazzo, il feroce bandito Ciccu Zummo trucidò il povero pescivendolo, proprio dove la strada declina verso il fiume Alcantara.
In questo territorio sovrastato dall’Etna,
i terreni sono vulcanici, ricchi di sabbia e di rocce che affiorano con le zappature, secondo i dettami della viticoltura tradizionale etnea seguiti a regola d’arte dai Vigneri.
Una porzione della stupenda vigna Calderara di Salvo Foti (vigneto da cui si ricavano le uve per l’immenso Vinupetra) è stata scelta nel 2013 per iniziare la sperimentazione di conduzione omeopatica in vigna, iniziata appunto l’anno successivo.
Lo scopo quello di ridurre, se non azzerare, l’utilizzo di rame e zolfo, mantenendo la qualità dell’uva raccolta, sempre sana e succosa e la salute delle viti condotte rigorosamente ad alberello.
I trattamenti sono stati eseguiti manualmente, diluiti in acqua pura direttamente dal pozzo antistante la vigna, con cura e amore, ogni settimana a partire dal germogliamento.
Abbiamo notato che non si sono resi necessari altri interventi e questo ci ha fatto propendere per iniziare quest’anno la sperimentazione anche a Milo, con piante di Carricante, seguite personalmente da Simone Foti.
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Con immenso piacere
a gennaio abbiamo potato insieme ai Vigneri le due vigne e iniziato i trattamenti…ora purtroppo non riesco a raggiungerli, ma con il cuore sono sempre li…
Volete sapere qualcosa sul vino? Nerello Mascalese, con una minima quota di Nerello Cappuccio
Innanzitutto, l’etichetta è stata disegnata dal grafico milanese Luca Beretta; dopo la vendemmia le uve hanno fermentato sulle bucce e vinificate in un piccolo contenitore in acciaio, lasciato poi ad affinare per un anno, il tutto presso la cantina de I custodi delle Vigne dell’Etna, in contrada Moganazzi.
Facciamolo respirare, aspettiamo che si apra: al naso ti offre spontaneo e gioviale, il ricordo di frutta rossa, ciliegie, fragoline di bosco, avvolgenti note balsamiche di elicriso, un delicato pepe bianco. In bocca è diretto, sostenuto da una bella acidità, tannino integrato e vivo ma non irruente, la chiusura sapida, con ritorni di marasca.
Un sorso chiama subito l’altro, un vino da ascoltare mentre lo bevi, perché si ha la netta sensazione che ti stia raccontando la fatica e l’amore, il sudore e la gioia, l’essenza di un territorio unico e l’amore degli uomini che coltivano i terrazzamenti lavici.
Puoi trovarlo in vendita dalla enoteca Cantin-a du Pusu a Rapallo da Giovanni Tassara (anche spedizioni).