Azienda Walter De Battè

 

Vini di Liguria 4

L’eredità di Dioniso: incontrare Walter De Battè

· di Olga Sofia Schiaffino ·

 


 

R

icordo ancora quando, da neo sommelier, durante una degustazione al Kulm di Portofino (Vinidamare 2013 n.d.r), mi avvicinai a Walter e gli chiesi di poter assaggiare i suoi vini. Mi accolse uno sguardo aperto e comunicativo, mentre la mano ferma versava il liquido nel bicchiere: mi colpì l’etichetta, che ricordava un mondo fiabesco ed il colore dorato che, scintillando altezzoso, prometteva leggiadra meraviglia. “ Rousanne, Marsanne e Bosco, macerazione lunga e botte di rovere per 20 mesi – disse lui.

Incontrai

“Altrove” e fu un “amore a primo sorso”: un viaggio sensoriale che abbracciava la mente e non solo il palato, una percezione dell’immanenza del divino.

Una consolazione ed una gioia al tempo stesso, come fu Bacco per Arianna, tradita e abbandonata da Teseo a Naxos: un vino grandioso e generoso, somigliante a chi lo ha prodotto e desiderato.

E’ una fantastica opportunità quella di poter fare visita a Walter De Battè: naturalmente arrivò puntuale al nostro rendez vous, sulla strada che collega La Spezia a Portovenere, in un assolato sabato di inizio settembre. Dopo un cordiale saluto, ci dirigiamo subito verso la collina, in direzione della vigna da cui si ottiene Cerico.

Si inizia a salire, per le curve che conducono a Biassa, ed io, a fare domande. Walter racconta che la scelta di diventare vignaiolo fu dettata dall’esigenza di potersi appassionare a qualcosa, dopo aver lasciato il lavoro all’arsenale militare: la terra ed il desiderio di produrre vino rappresentarono una felice intuizione, per cui egli diede vita, nel 1991, alla azienda che porta il suo nome.

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Nel 2003

nasceva invece Prima Terra, società con cui veniva ampliata la produzione e la commercializzazione dei suoi vini. Oltrepassato il paese, in cui vivevano i contadini che possedevano e lavoravano le terre del comprensorio di Riomaggiore, proseguiamo fino ad arrivare in un punto dove si ammira il monte Parodi e da qui continuiamo a piedi, su di un sentiero che si sviluppa a mezza costa, in mezzo alla boscaglia.

“Avevo l’esigenza di capire qualcosa del territorio delle 5 Terre e dei vitigni autoctoni e di sperimentare nuovi concetti di vinificazione” – spiega Walter- raccontando anche della sua passione per le uve della zona del Rodano e della Linguadoca, terra di origine dei suoi avi.

Tra castagni e pini, rovi selvatici e arbusti di macchia giungiamo in una zona dove i lecci svettano e sembrano invitarti a deviare verso il centro di una radura: tutto ad un tratto si svela il cielo blu, il mare sottostante ed una vigna terrazzata che si specchia in quell’incanto. Una vigna segreta, che dialoga con il sole e con la fatica dell’uomo: sono piante con uve a bacca rossa, con cui si ottiene Cerico.

Purtroppo un incendio ed una grandinata a metà giugno hanno colpito lo stupefacente impianto di cloni di Granaccia, di Syrah (originari in parte dal Rodano ed in parte dalla Toscana) e di Alicante Bouschet. Probabilmente si vendemmierà la prossima settimana…

L’atmosfera rarefatta, la luce e gli odori silvani riportano a ricordi quasi proustiani, declinati con una pervasiva nostalgia e pieni di forza e di rigore.

Certamente

i vini di De Battè nascono da una raffinata ricerca mentale e filosofica; si modificano nel tempo, secondo il percorso intrapreso e le circostanze, mai del tutto casuali, della vita, in parallelo con un desiderio intimo di crescita personale continua.

Questa scoperta di una “sincronicità” di matrice junghiana permette a Walter di interpretare emozioni autentiche nel vino; esso infatti porta sempre un nome evocativo e significante.

Harmoge (Vermentino, Bosco ed Albarola) e Tonos (Canaiolo, Dolcetto, Sangiovese, Ciliegiolo, Cabernet Sauvignon e Moscato Nero)  sono nomi che derivano  dalle iscrizioni rinvenute nella città di Luni e si rifanno a  concetti di “armonia “ e “profondità”.

Questa scelta e’ quindi sintesi di un impegno personale a ricercare le origini di popolo di origine celtica, i Liguri Apuani, che furono tra gli ultimi ad essere soggiogati dai Romani e di cui rimangono aspetti nella cultura e nelle tradizioni locali.

Questo continuo viaggio porta Walter a sperimentare sempre delle novità e ci preannuncia il suo desiderio di poter esprimere il Vermentino in modo decisamente innovativo; ci racconta inoltre che, secondo un recente studio storico, questo vitigno sarebbe stato portato dai Liguri verso la Francia ed il Rodano e che quindi non fosse giunto dalla Spagna.

La nostra visita

prosegue in cantina a Campiglia, in un luogo strategico che guarda il golfo di La Spezia, che sembra avere la forma di un fiordo: una casa antica di pietra, con travi portanti dell’Ottocento, in cui sono posizionate le barriques e i tini d’acciaio.

Utilizzata molto negli anni novanta, la barrique permette di lavorare in riduzione e di fare lunghi affinamenti e diventa così uno strumento di laboratorio, per “muovere” il vino e dare voce ai caratteri dei vitigni.

Inoltre le uve, anche a bacca bianca, vengono fatte macerare perché “se butti via la buccia , butti via il territorio”- sostiene Walter e ci spiega anche le ragioni della sua uscita dalla DOC, una scelta coerente al suo concetto di fare vino.

Si chiude in bellezza con l’assaggio di Carlaz (Vermentino), le cui uve provengono da un vigneto vicino a Carrara, più ricco in humus rispetto a quello ricco di scisti delle 5 Terre: brevissima macerazione, solo acciaio, affinamento sui lieviti e via in bottiglia.

Non si può non chiedere il significato del nome, dato che ci incuriosisce moltissimo e per cui ci aspettiamo una storia.

Negli anni Venti

era vissuto un certo Carlo Andrea Fabbricotti, che l’iconografia popolare ricorda come un ricco un po’ spaccone, che si accendeva i sigari con le banconote: in dialetto lunigianese veniva chiamato “Carlaz”, cioè “Carlaccio”.

Di fatto, egli fu invece un ingegnere che iniziò gli scavi a Luni e fece in modo di elevare il tenore di vita dei contadini della zona.

Il naso si apre con sentori marini di iodio, macchia mediterranea, agrumi, nespole: avvolgente nella sapidità e con una piacevole nota balsamica, sostiene bene la piacevolezza della nostra conversazione.

Una tale maestria, nel far risaltare i caratteri e le potenzialità delle uve e del territorio, non poteva non condurre Walter De Battè a diventare consulente per altre aziende, tra le quali Albana La Torre, di Maria Beghi a Campiglia e in Abruzzo presso Contado Veniglio.

Salutando e ringraziando Walter per l’ospitalità, ci congediamo: sulla strada del ritorno, guardiamo la natura che ci avvolge con sacro rispetto e benediciamo il Genius loci che ha concesso a noi esseri umani di poter dialogare con lui.

 

Azienda Vitivinicola Walter De Battè
Via Pecunia, 168
Riomaggiore SP
+39 389 808 4812

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