Tokaj Time Seconda Parte
Tokaj Time Seconda Parte

Tokaj Time Seconda Parte

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econda visita nel borgo di Mád, abitato sin dall’antichità e probabilmente il luogo dove i vignaioli sono più attivi nel cooperare e creare progetti. Infatti, il circolo di Mád vanta quali membri famosi Winemakers e si cerca di portare avanti il marchio MOC (Mád Original control) per tutelare il prodotto finale che rispecchi tradizione e qualità.

La modifica delle leggi vitivinicole del 2013, spinte forse a favore dei grandi investitori, che possiedono grandi appezzamenti in zona, prevedono un aumento del 70% della resa in litri da un kg di pasta aszu e l’indicazione generica in etichetta senza menzione delle Puttonyos utilizzate.

Il richiamo a stili produttivi codificati nel tempo, l’alta qualità nel bicchiere, un lavoro peculiare nei vigneti sono il cavallo di battaglia di Istvan Szepsy Junior che abbiamo avuto l’onore (grande) ed il piacere (immenso) di conoscere.

La sua famiglia

ha origine nel 1632 e il lavoro in vigna è nel loro DNA da sempre: basti pensare che si deve al padre, il famoso Istvan Szepsy, la rinascita della produzione di altissima qualità nella zona e la spinta a ripiantare sulle colline, abbandonate durante il periodo del regime socialista perché difficilmente gestibili con i mezzi meccanici.

Meritatissimo quindi il titolo di Miglior Winemaker per l’anno 2001, anche a seguito della brillante “scoperta” delle potenzialità della versione secca del Furmint e della cesellatura di vini molto eleganti e sapidi quali ambasciatori di un territorio da far amare e comprendere.

Il figlio non è da meno, ha carisma, passione e tenacia e ci ha spiegato perché il vino in questa zona è così speciale: il suolo vulcanico con intrusioni di argilla e grande ricchezza di zeolite, bentonite, andesite, riolite che troviamo a diverse profondità nei vari cru e che vede le radici delle viti spingersi in profondità per cercare acqua e sostanze nutritive. Un autentico museo geologico nei vigneti! Fuori dalla cantina infatti ci ha mostrato alcuni esemplari di rocce a sostegno di questa interessante geodiversità.

La cosa più strabiliante è stata apprezzare la differenza del suolo nei vini provenienti da luoghi diversi. La degustazione è iniziata con alcuni Furmint in versione dry , vini che hanno l’appeal necessario per portare la regione del Tokaj sulle tavole di tutto il mondo e favorire abbinamenti con il cibo. Per questi vini ha scelto un tappo in vetro, in attesa di selezionare sugheri di qualità da utilizzare per le bottiglie. Davvero molto belli!

Il processo fermentativo e di affinamento è comune a tutti i vini e prevede il legno.

Iniziamo con Banyasz 2017, un Furmint secco che proviene da uve raccolte nell’omonimo vigneto a Tallya ricco di zeolite: giallo paglierino luminoso, di buona consistenza e piacevole intensità. Note agrumate, floreali e di erba falciata, sorso pieno e finale con chiusura ammandorlata.

Uragya 2017 è un dry Furmint dall’omonima vigna situata a Mad verso ovest, dove tramonta il sole: la presenza di riolite in questo suolo conferisce struttura e note minerali accentuate. Un colore giallo paglierino più delicato rispetto al precedente quasi con riverberi verdolini, un corredo olfattivo che declina bergamotto, cedro, sambuco, acacia e pietra focaia. In bocca è molto persistente e conquista per la chiusura sapida.

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Furmint estate 2016: il vino d’ingresso, un anno in più di bottiglia, oppure il vino che raccoglie le uve dei cru quando l’annata non è speciale. È interessante , note burrose che dialogano con la freschezza e la complessità olfattiva. Una beva di classe ad un prezzo ottimo di circa 21 euro in enoteca.

Da un vigneto ricco di andesite, con piante di  più di cinquant’anni, ubicato nel villaggio di Tallya, ecco un Furmint secco del 2016, Haznos, che si caratterizza  per l’eleganza e la finezza gusto-olfattiva.

Arriviamo ad assaggiare il Furmint dal cru Szent Tomas, un 2016 che vanta esemplari piantati nel 1951. L’esame visivo ci convince e ci ammalia ma è al naso che rapisce per la complessità: cedro, ginestra, pesca, erba Luigia, note lievi e burrose di nocciola. In bocca è morbido ma caratterizzato da una vivace acidità  e sapidità che regalano un finale persistente, decisamente elegante

Nonostante le leggi siano cambiate,

Szepsy continua con gli invecchiamenti di un anno in botte e uno di bottiglia per questo Szamorodny, in cui sono presenti alla raccolta del grappolo almeno il 50% di acini botritizzati. Un vino “inventato” dai Polacchi, che compravano l’uva e la trasportavano per lunghi tragitti verso la destinazione prevista; iniziava la fermentazione e gli acini non rimanevano perfettamente sani e per il vino si utilizzava tutto il grappolo.

Abbiamo apprezzato molto la bevibilità e la finezza di questo esemplare, che si sposa perfettamente con formaggi erborinati, al prezzo incredibile di 46 euro in enoteca.

Infine, in religioso raccoglimento, abbiamo accolto un Tokaj Aszu 6 Puttonyos: manto giallo dorato brillante, naso che si è aperto a ventaglio raccontando la frutta candita, albicocca, dattero, papaya, la scorza di cedro, lo zafferano, il miele, la nocciola, avvolgendo la bocca in una sensazione vellutato e con un guizzante acidità che equilibra il sorso. Lunghissimo e persistente. Magnifico.

Abbiamo deciso di continuare l’esperienza a Mád pranzando al ristorante Percze (Arpad Utca 70) dove in abbinamento a piatti squisiti abbiamo trovato i vini di Szepsy.

Location elegante e servizio impeccabile:

tra le prelibatezze citiamo una crema di asparagi, con gelatina di szamorodny e funghi, un salmone con piselli, salsa al caprifoglio e purea di patate (abbinato con un Furmint 2017 Uragya), la quaglia arrosto con funghi, patata bollita e cavolfiore davvero sensazionale, con un calice di Szent Tamas 2016.

Incredibile e indimenticabile la nostra breve permanenza a Mád!

 

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