Trasmettere un’emozione

· di Massimo De Luca ·

 


 

D

urante il quadriennio di collaborazione con lo Splendido di Portofino, il famoso hotel 5 stelle lusso, ho vissuto tante esperienze indimenticabili, ma ce n’è una in particolare che mi ha commosso.

Era una tiepida sera di metà luglio e il ristorante La Terrazza era come sempre al completo, per lo più occupato da persone famose e sicuramente molto facoltose. Quella sera ero l’unico sommelier di servizio e quindi avevo un bel da fare, coadiuvato dai due maitres presenti in sala che in caso di necessità assistevano i clienti nella scelta del vino.

Ed è proprio così

che tutto ha avuto inizio, con un invito del maitre Luca a servire a due commensali un Barbaresco Camp Gros, dei Marchesi di Gresy, del 2000; un vino che conoscevo benissimo perché servito molte volte in passato: un rosso granato acceso e vivace, sentori di sottobosco, terra bagnata, confettura di prugna e ciliegia, di gran corpo e con una persistenza infinita. Un vino che mal si accompagnava alle pietanze scelte dall’elegante coppia inglese sui settant’anni. Un vino venduto a qualche centinaio di euro a bottiglia.

Lui faceva parte di quella nutrita schiera di persone che si definiscono “red wine people”, ovvero amanti del vino rosso a prescindere da tutto, anche da ciò che mangiavano. La comanda parlava chiaro: insalatina tiepida di mare, risotto alla Portofino, sirloin tip steak per lui e cruditè di gamberi di Santa Margherita per la signora.

Mi sono presentato al tavolo e ho enunciato loro che sarei stato il loro sommelier, pronto a soddisfare ogni loro curiosità. Anche loro si sono presentati e con orgoglio hanno sottolineato di essere originari di Ascot, Inghilterra. L’uomo ha tenuto a precisare che era un grande amante del vino rosso, soprattutto italiano, e mi ha chiesto se condividessi la scelta del vino da lui fatta per quella cena.

Nonostante fossi stato allenato a non contraddire il cliente, l’espressione del mio viso aveva fatto trasparire qualche segnale di disappunto, che lui aveva prontamente colto, ma ormai era troppo tardi, la bottiglia era già stata aperta e decantata dal collega maître.

Durante la serata

avevo dedicato qualche minuto in più a quella coppia perché attratto dal loro fare educato ed elegante e perché incuriosito dal comportamento taciturno e remissivo della signora.

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A fine cena il signore mi ha annunciato che l’indomani avrebbe voluto che fossi io a servirlo sin dall’inizio, mi ha salutato e insieme alla moglie si è ritirato in camera.

Il giorno dopo verso le 18.30 mentre stavo cenando in mensa, un collega in servizio è venuto a chiamarmi dicendo che una persona al bar mi voleva parlare. Sinceramente non avrei mai pensato che fosse il signore di Ascot. Mi sono precipitato e ho trovato effettivamente la coppia intenta a sorseggiare un aperitivo; mi hanno invitato a sedere con loro e senza tanti giri di parole l’uomo mi ha domandato quali vini avrei potuto suggerire loro per il dinner. A quel punto era fatta, avevo i clienti che ogni sommelier professionista vorrebbe incontrare. Ho risposto loro che solo dopo aver scelto le pietanze, avrei potuto consigliare loro il vino.

Arrivata l’ora di cena

i signori sono stati fatti accomodare al loro tavolo, con stupenda vista sul golfo di Portofino,

Mi sentivo sicuro, avevo intuito che si era creato il giusto feeling, che avrei potuto osare andando a giocare anche sul carattere delle persone, perché in fondo loro si fidavano di me.

Dopo aver scelto i piatti, il signore mi ha chiesto quale rosso meglio si abbinava ed è proprio in quel momento che ho capito che avrei potuto fare la differenza, che ero diverso da tutti quelli che avevano incontrato ed ho osato contraddirlo facendogli una domanda a cui non poteva far altro che rispondere come avrei voluto io: “Cosa ne dice se stasera accontentassimo prima la sua signora?” E lui ha risposto ovviamente di si.

A quel punto

senza nessuna indecisione gli ho proposto Vorberg, un pinot bianco delle Cantine Terlano, un vino estremamente profumato, fresco e persistente. A seguire un Sorì San Lorenzo, Barbaresco di Angelo Gaja.

La differenza di prezzo tra i due vini era abissale, ma per una volta non avevo voluto pensare al “margine”, avevo voluto provare a trasmettere un’emozione, condividere con altre persone ciò che io avevo vissuto, volevo capire quanto la mia esperienza potesse incidere sui desideri e sulle aspettative.

Pochi minuti dopo aver servito il vino bianco, mentre mi aggiravo per la sala intento a servire la clientela, il signore di Ascot tentava di incrociare i miei occhi, fino a quando finalmente ho notato il suo sguardo; con un cenno del capo mi ha fatto capire che mi voleva parlare. Una grossa goccia di sudore freddo mi stava scivolando lungo la schiena ed in quegli attimi eterni, mentre mi avvicinavo a lui, ho pensato “….accidenti non gli è piaciuto!… E adesso?”.

Mi son recato titubante al tavolo

e lui mi ha chiesto di chinare la testa, voleva parlarmi senza che altre persone sentissero e mi ha detto: “Volevo ringraziarti per aver fatto felice mia moglie, che, ti confesso, si è innamorata di te”.

Quelle parole mi hanno ricompensato di tutti i sacrifici che avevo fatto per arrivare fino a lì, del tanto studio che c’era dietro i miei suggerimenti, della passione che ci mettevo nel fare questo mestiere meraviglioso.

Ed ho risposto: “Sono particolarmente contento che le sia piaciuto e, confessione per confessione, le devo dire che ogni volta che voglio fare colpo su una donna le offro una bottiglia di Vorberg”.

E sono scoppiati a ridere.

La serata si è conclusa con una mancia da capogiro, che per quanto mi avesse fatto piacere non eguagliava in nessun modo la soddisfazione provata nel sentirsi dire quanto fossi stato bravo a “raccontare” un vino, a farlo “vivere” ancor prima di assaggiarlo.

Ancora oggi mi diverto perché conscio di avere una capacità innata: trasmettere emozioni.

 

 

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