“Et quod tentabam dicere, versus erat”
P
osso immaginare quanto fosse felice il poeta latino Ovidio quando il suo scrivere venne apostrofato con questa immagine, che ha insita una trasformazione quasi mistica, come l’acqua quando sublima, passando dallo stato solido a quello aeriforme, evitando la forma liquida.
Coerenza e poesia, presenza dell’uomo nelle parole che evocano immagini ed emozioni.
Mi capita, non tanto spesso a dir il vero, di avere in mente ricordi che si riescono ad adattare alla situazione presente, all’incontro con una persona: questo è successo con Andreas Dichristin, dopo aver assaggiato i suoi vini e dopo aver trascorso del tempo, prezioso e stimolante, con lui presso la sua azienda Tröpfltalhof a Caldaro.
Ho ricordato questa descrizione della capacità poetica perché certamente questa tensione di trasmettere un concetto vivo -un logos- nei propri vini appartiene anche questo straordinario viticoltore biodinamico.
Egli racconta il suo operato con tale naturalezza e semplicità che pensi davvero che vivere al contatto con la natura e nel rispetto di essa e di tutte le forme viventi non sia poi così impossibile o difficile.
Immersa nella “Valle gocciolante” ai piedi del Massiccio della Mendola sorge il maso, attorniato dalla vigna che ospita il sauvignon blanc e dal frutteto; tra i filari passeggiano le pecore e le galline, per nulla disturbate dalla presenza umana.
La terra del vigneto è viva, grazie allo stato di humus che si è generato grazie alla cura di Andreas, che segue i principi indicati da Steiner, con un approccio di conservazione dello stato di salute e di promozione della vitalità piuttosto che di rincorsa alle cure delle malattie della vigna.
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La tenuta si articola in tre piccoli appezzamenti, localizzati a diverse altitudini tra il maso e il Lago dove sono coltivate le viti di sauvignon blanc, merlot, cabernet sauvignon e viognier.
In cantina vige il minimalismo e sono preferiti materiali naturali, tra i quali soprattutto le anfore di terracotta e in seconda battuta i contenitori di legno, purché già utilizzati e poco impattanti sull’equilibrio del vino.
La filosofia di fondo è ritrovare nel calice il frutto, l’annata e il lavoro dell’uomo, limitando al minimo qualsiasi interferenza esterna.
Si utilizzano lieviti indigeni, nessuna filtrazione e viene aggiunta una modesta quota di anidride solforosa all’atto dell’imbottigliamento.
Ho avuto modo di riassaggiare i vini e incontrare Andrea Dichristin ed Enrico Cusinato a Bologna, durante Slow Wine Fair e mi sono, ancora una volta, emozionata.
Quello che si percepisce, oltre alla finezza dei profumi, al rispetto delle note del varietale, alla complessità data dalla macerazione, al sorso vibrante, dinamico, pieno… quello che più ti colpisce è sicuramente la VITALITA’: non saprei descriverla altrimenti, se non come se il vino dialogasse in bocca con la nostra anima, regalando meraviglia.
Sono vini gioiosi, mai scontati, con una precisa personalità data dall’annata sicuramente ma anche dalla temperanza di Andreas e del suo approccio di grande rispetto per le uve.
Garnellen (sauvignon blanc in purezza) è qualcosa che si imprime nella memoria, come il profumo di una persona a te cara, che ti avvolge con i sentori di bosso, la nota balsamica, il frutto della passione, l’acidità che guida il sorso e la sapidità che sigilla il lungo finale.
Una danza, dalla preziosa coreografia quale quella dipinta da Matisse, un articolarsi di pathos, struttura, dinamismo.
Ogni annata di questo vino è un mondo a parte e quando si arriva all’ultimo bicchiere di una bottiglia condivisa con gli amici, si ha un senso di malinconico appagamento , per il dono che hai ricevuto e per l’esperienza di cui rimarrà solo la memoria.
“Et quod tentabam dicere, Vinum erat”.