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omenica 28 luglio, per chiudere in bellezza un mese che ha fatto registrare un record di presenze nella riviera ligure di Levante, si è svolta una simpatica e interessante degustazione ai bagni Stella a Cavi di Lavagna, il terzo appuntamento di una serie che ha visto la wine communicator Olga Sofia Schiaffino proporre vini e regioni italiani agli ospiti intervenuti.
Uno dei protagonisti della degustazione è stato il lambrusco, che a volte viene ingiustamente snobbato, ma che riserva sorprese davvero incredibili, oltre ad avere una lunga storia e tradizione alle spalle.
Il Lambrusco ha infatti una storia affascinante, documentata da poeti e scrittori dell’antichità come Virgilio, Catone e Varrone, che parlavano di un vitigno selvatico chiamato “vitis labrusca” che cresceva ai margini dei campi. Strabone, un geografo greco, descriveva la ricchezza della Cisalpina Padana legandola alla produzione di vino. Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia” del 78 d.C., sosteneva che l’area padana fosse ideale per la viticoltura e che i migliori vini provenissero dalle viti cresciute lungo la via Emilia. Durante il Medioevo, la viticoltura in Emilia subì alti e bassi a causa di guerre e cambiamenti climatici, alternando periodi di declino a fasi di crescita grazie al progresso agricolo e al commercio del vino verso l’Europa per scopi liturgici. Narra la leggenda che Matilde di Canossa, durante la lotta per le investiture, vinse la battaglia di Sorbara grazie al Lambrusco. Ebbe l’idea di lasciare il vino nel castello assediato, facendo ubriacare le truppe nemiche che caddero in un sonno profondo. Si dice che ella donò lo stesso vino al Papa Gregorio VII.
Dal Rinascimento, la viticoltura emiliana riprese vigore. Andrea Bacci, medico di Papa Sisto V, nel 1597 elogiava i vigneti tra Modena e Parma, noti per i loro vini frizzanti e profumati. Nel ‘700, il Conte Vincenzo Dandolo pubblicò a Modena le prime indicazioni per produrre e imbottigliare vini spumanti, contribuendo al commercio del Lambrusco senza alterazioni. La nascita dell’ampelografia moderna permise l’identificazione dei vari vitigni di Lambrusco e delle loro caratteristiche.
Il Lambrusco, apprezzato già nell’Ottocento, guadagnò fama internazionale nel 1900. Negli anni seguenti, molte cooperative sociali sorsero per tutelare i produttori e promuovere il vino. Nel 1961 nacque il Consorzio dei Vini Lambrusco, seguito da altri consorzi a Modena e Reggio Emilia. Queste organizzazioni hanno contribuito alla promozione del Lambrusco oltre i confini nazionali, facendo crescere i consumi negli anni ’80 e ’90.
Oggi, il Consorzio Tutela Lambrusco DOC, fondato nel 2021, rappresenta la produzione di Lambrusco nelle province di Modena, Reggio Emilia, Mantova e Parma. Le varietà principali sono Grasparossa, Salamino e Sorbara, ciascuna con caratteristiche uniche.
Il Lambrusco è riconoscibile per il suo colore rubino, la spuma vivace e il profumo floreale. È un vino con una interessante acidità, bassa gradazione alcolica e corpo medio. È apprezzato per la sua capacità di accompagnare piatti tradizionali emiliani e lombardi, come pasta ripiena, insaccati e bolliti. I Lambruschi della Riviera del Po si abbinano bene al pescato di fiume e ai piatti di campagna.
Il Lambrusco di Sorbara si distingue per la finezza e i profumi di violetta, mentre il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro è corposo e aromatico. Il Lambrusco Salamino di Santa Croce è equilibrato e floreale. Il Lambrusco Mantovano, prodotto vicino al fiume Po, è scuro e corposo, mentre il Lambrusco di Parma e Reggio Emilia sono noti per la loro vivacità e dolcezza.
Il Lambrusco di Modena include tutte le varietà riconosciute sotto la DOC, confermando l’origine specifica della provincia. Questo vino è diventato un simbolo della tradizione enologica italiana, apprezzato per la sua versatilità e il suo carattere distintivo.
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Il primo vino protagonista della degustazione è stato IGT EMILIA LAMBRUSCO CINQUE CAMPI ROSSO 2022 dell’Azienda Agricola Cinque Campi. Questa realtà è situata sulle prime colline dell’Appennino Reggiano, la cui storia affonda le radici a circa 200 anni fa. Una vocazione alla viticoltura che passa di padre in figlio. Nata nel 1980, prende il nome da uno degli appezzamenti principali e dal 2003 è certificata biologica. Il vino che è stato molto apprezzato dai winelovers presenti, proviene da un blend di lambrusco grasparossa, malbo gentile, marzemino e altre tipologie di lambrusco coltivate su suoli franco argillosi, ricchi di silicio e gesso. Dopo una macerazione di circa 6-7 giorni sulle bucce, affina in cemento e acciai per 6 mesi e rifermenta in modo naturale in bottiglia per altri 6. Viene prodotto in meno di 6000 esemplari
Il secondo vino in assaggio è un lambrusco grasparossa in purezza, cesellato ad arte dalla mano di Vittorio Graziano, uno degli interpreti più famosi di questo vitigno a Castelvetro, in provincia di Modena. IGT EMILIA LAMBRUSCO FONTANA DEI BOSCHI è un vino spumante che segue la seconda fermentazione in bottiglia in modo naturale. Ha un bellissimo colore rosso rubino, una spuma piacevole e si offre al naso con sentori di frutta rossa succosa e di spezie, con una buona acidità e un tannino gradevole. Un esempio di lambrusco che mantiene la tipica nota rustica, che dona carattere e personalità al vino stesso.
Al termine della degustazione, i partecipanti, decisamente soddisfatti, hanno ricevuto un piccolo diploma a ricordo dell’esperienza.