Rocco di Carpeneto
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I vini di Lidia Carbonetti

In dreams begin
Responsibilities
Acrobat, U2

L

idia Carbonetti e Paolo Baretta, dopo essere stati immersi per anni nella finanza milanese, decidono di dare forma e concretezza a un sogno: vivere lontano dalla città, in una dimensione più “naturale”.

Parte integrante di questo progetto di vita è il vino, loro grande passione.

Il luogo di cui si innamorano è un fabbricato in parte ristrutturato, nell’Alto Monferrato Ovadese, circondato da vigne di Dolcetto, Barbera e Cortese, tutte di notevole età media.

I precedenti proprietari in parte conferivano le uve alle cantine sociali della zona e in parte producevano per utilizzo personale.

Lidia e Paolo

capiscono subito che si tratta di un patrimonio da valorizzare, in controtendenza all’appiattimento dei vini di zona e alla reputazione che ormai stancamente li accompagna: produzioni orientate alla sola quantità, destinate alla vendita in damigiana o sfusi.

Il faro da seguire è l’indimenticato Pino Ratto.

Lidia è una persona precisa, con una formazione matematica: si mette subito a studiare enologia, in modo da supportare la sua intuizione con un bagaglio tecnico rigoroso.

Le vigne, tutte piantate a guyot, vengono convertite a conduzione biologica radicale; dopo 3 anni di preparazione, la prima vinificazione è nel 2012, nella nuova cantina di produzione, che Paolo ci mostra con giustificato orgoglio.

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La cantina è strutturata su 3 piani, concepita per una vinificazione completamente naturale.

L’uva viene raccolta al mattino e arriva alla vicina cantina a una temperatura di 19-20°, che rende superfluo il controllo della temperatura in fermentazione. Quest’ultima avviene in acciaio o in cemento, con utilizzo di soli lieviti selvaggi non selezionati, nessun additivo, a parte limitate quantità di solforosa, se necessario, nessuna filtrazione.

L’affinamento avviene nella stanza posta al piano interrato, in botti di legno, acquistate prevalentemente in Francia e già utilizzate più volte, in modo da garantire la microssigenazione del vino, ma senza alcun effetto invasivo o coprente del legno.

Alcuni vini

affinano in anfore non rivestite all’interno, la cui porosità dà vita a una microssigenazione evolutiva con risultati davvero sorprendenti, come ci accorgeremo poi in degustazione.

Nel pieno rispetto della storica triade locale, l’azienda produce 14 vini: 4 Dolcetti (Erche, Steira, Losna e Aur-Oura), 3 Barbere (Rapp, Rataraura e Reitemp) e 3 Cortesi (Ròo, Reìs e Drï), ognuno da singola vigna, con lavorazioni differenti in modo da esaltare le caratteristiche del vitigno e del differente “cru”.

Molto interessanti anche i 2 rifermentati in bottiglia, uno da Barbera (Andeira) e uno da Freisa (Bett).

In tempi più recenti, sono stati piantati anche Nebbiolo (Ra Neira) e Albarossa (Admura).

E’ proprio vero: il vino somiglia a chi lo fa.

L’impressione che emerge aggirandosi per la cantina è quella di pulizia estrema, di una grande attenzione al minimo dettaglio: nulla è lasciato al caso.

Tutto ciò è confermato dalla strepitosa serie di vini che Lidia e Paolo ci fanno assaggiare nella bella sala adibita a degustazione.

Partiamo con Andeira 2017, Barbera rifermentato in bottiglia: il contatto con le bucce avviene solo in pressa, la base viene affinata in legno e la rifermentazione riparte in aprile con il suo mosto congelato.

Questo garantisce una rifermentazione regolare e non tumultuosa, che ci regala un vino di incredibile eleganza e struttura, con un perlage molto fine e decisamente inconsueto per la tipologia.

Poi arriva il Rataraura 2018,

Barbera fermentato e affinato 14 mesi in anfora, al quale regala un’astringenza non usuale per il vitigno, che ci conquista immediatamente.

Paolo la definisce la meno “barberosa” di tutte e ha ragione, perché Rapp 2017 e Reitemp 2016, entrambe fermentate in acciaio e affinate in botte grande, rispettivamente per 26 e 37 mesi sono due Barbera iconiche.   Perfette nei loro stuzzicanti frutti rossi e nella loro travolgente acidità, con qualche fetta di salame ti fanno sentire “meno soli in mare, sfidanti una bufera”, come scriveva Carducci della “Generosa Barbera”.

Passiamo al Dolcetto.

Lidia ci sfida e proclama: vi piaceranno ancora di più.

Si parte con il Losna 2018, affinato per 14 mesi prevalentemente in botti piccole: elegante, complesso, perfetto con il piccione (Davide dixit).

Poi arriva il coup de coeur: Steira 2017, ottenuto dal vigneto “Rocco”, più di 40 anni di età.

Fermentazione in botti grandi e affinamento di 24 mesi in botti piccole.

Rubino intenso, marasca e rosa al naso, sorso pieno, potente, ma con tannino splendidamente integrato e scia amaricante finale che ti rimette subito in pista.

“A me il dolcetto non fa impazzire”, dicevo.

Dopo questo ho cambiato idea…

Assaggiamo anche Erche 2016, che ha avuto una fermentazione in botte grande molto lunga per via dell’assenza di acqua e ha poi affinato 28 mesi in tonneaux usati.

Il risultato è sempre all’insegna della piacevolezza estrema.

“La bottiglia fa bene al Dolcetto” dice Lidia e giusto per confermare che ha sempre ragione, ci regala un assaggio da archivio: Steira 2012, primo anno di vinificazione dell’Azienda.

Colore rubino leggermente più cupo, naso che si arricchisce di frutta rossa matura, cacao e tabacco.

Un sorso vibrante, con un tannino che va sul velluto e un’eleganza tutta piemontese.

Vorremmo che la nostra visita non finisse mai: la passione, l’impegno e il rispetto per la Natura di Lidia e Paolo ci hanno davvero conquistati e ci hanno dimostrato che i sogni, se affrontati con responsabilità e preparazione, si possono davvero realizzare.

Grazie Lidia e Grazie Paolo!

Torneremo sicuramente a trovarvi, magari per provare una delle splendide camere con vigna dell’Eco bio Agriturismo La Bella Vite, immerse in piena sintonia nel paesaggio circostante, per un’esperienza all’insegna del silenzio, rigorosamente… naturale.

 

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