Rossese Posaù Biamonti · Maccario Dringenberg
Rossese Posaù Biamonti · Maccario Dringenberg

Rossese Posaù Biamonti · Maccario Dringenberg

“Giovanna e la meravigliosa storia del vino”

Riflessioni su… Biamonti.

 
È
vero: sono una perfezionista, metto cuore e impegno in tutto quello che faccio.

Non credo sia un difetto, neppure un pregio; è solo una viscerale tensione a cercare di conoscere dal profondo quello che mi circonda e mi attrae. Quindi mi sto preparando, con disciplina ed affetto, alla serata del 24 Novembre all’Hotel NH Genova Centro.

Un’importante occasione, quella offertami da Antonio Del Giacco, delegato AIS e amico, di raccontare la meravigliosa storia di vino e di vita di Giovanna Maccario, “La signora del Rossese”, che ha portato l’azienda Maccario Dringemberg e la Liguria, alla meritata fama e notorietà, non solo in Italia, ma anche nel mondo.

Mentre consulto testi,

articoli e recensioni su internet, mi ritorna chiara l’immagine e viva l’emozione della scoperta di questo grande vino rosso: mi trovavo a Vinitaly ed era il 2013, appena diplomata sommelier, iscritta alla magistrale degustazione in cui Armando Castagno avrebbe percorso tutta l’Italia, attraverso una selezione di stupendi esempi di intimo legame tra terroir e tradizione.

Il primo campione era Ligure (meraviglia!), un Rossese di Dolceacqua Superiore Posaù e in modo delicato ma deciso, c’era Giovanna a raccontare la sua esperienza ed il sentimento collegato al suo vino. Le descrizioni calzanti e iperboliche di Armando, la passione di Giovanna, l’assaggio ampio, regale e potente, crearono dunque un mito nel mio immaginario gusto-olfattivo e il desiderio di approfondire sempre di più la mia conoscenza sul Rossese, sull’azienda, sulla prima DOC della mia regione, datata 1972.

Questa sera

voglio incontrare nel bicchiere e descrivere in anteprima per voi lettori, una delle 6 perle protagoniste dell’evento AIS, qualcosa che è poesia, trascendenza, territorio, respiro mediterraneo.

Il suo nome vuole essere un omaggio allo scrittore Francesco Biamonti, originario di San Biagio della Cima, amico stimato di Italo Calvino che lo incoraggiò nella scrittura, a cui era giunto nella maturità.

Si dice che Biamonti, dopo aver lavorato come bibliotecario, si dedicò alla coltivazione della mimosa intorno alla sua casa: forse un paradosso per far comprendere lo spirito contemplativo e riflessivo dell’autore, che coglieva nelle cose, nelle pietre, negli ulivi e nella vite, i messaggi affidati dall’uomo e dalla sua cultura.

Egli parlava di una civiltà mediterranea, allargando il senso del “Limes”, attraverso il contributo di tre letterati, Montale, Valery e Camus, che avevano sottolineato i tratti della civiltà contemporanea, fatta di sapere, di lucidità e di corrosione dell’esistenza, quasi come fosse una conseguenza dell’ambito salino.

Lungo una creuza,

che orla il margine superiore del vigneto Posaù, declinato ad anfiteatro verso la luce del mare prospiciente la Val Verbone, si trova una memoria dell’artista, quasi un altare, immerso nella profumata macchia boschiva; restando li, ad ascoltare la natura, pare che un Genius Loci la ispiri. E’ dalla parte superiore del Posaù, che si spinge fino al “confine”, uno di quelli amati e cercati da Biamonti, che Giovanna Maccario ottiene un vino sublime, capace di “trasfigurare in solarità la pienezza” che l’uva solitamente esprime in questa cru.

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Volevo riprovare ancora quelle emozioni e forse qualcuna in più: così ho aperto una delle mie bottiglie di Rossese di Dolceacqua Superiore Posaù Biamonti 2014. Come in un rito sacro, ho eseguito ogni gesto con lentezza e cura solenne e l’ho versato amorevolmente nel calice.

La trama colorata,

che vira al granato, pervade il cristallo di un guizzo luminoso, volteggia ampio, come in un valzer, sulle pareti del bicchiere, con il ritmo impresso dal mio polso. Un attimo di quiete e poi verso il naso, lo devo aspettare, è ancora un pò chiuso. Interessante, prudente all’inizio, poi si svela con la ciliegia, il corbezzolo, minuti frutti rossi, slanci floreali, la garbata speziatura che rende onore al vitigno, poi l’elicriso. Non puoi non leggere la mano di Giovanna, l’eleganza aristocratica è come una firma, un sigillo.

Come nel bacio si raggiunge l’intimità con l’amato, così in bocca il vino svela la sua natura e la sua forza, la trama del tannino si stende sulla lingua, ma si fa percorrere dalla coerente processione della materica impersonificazione degli aromi. La scia finale sapida, come una linea infinita di un aereo nel cielo, regala l’accenno di pepe bianco.

Maestoso.

A questo punto il pensiero va diritto al duro lavoro in vigna, per raggiungere un simile risultato, al rispetto per la natura, alle piante condotte ad alberello, al sudore, al desiderio di proteggere e glorificare un territorio incastonato tra le montagne ed il mare; resta una immagine a sintetizzare questo, come diceva Biamonti, “le cose che parlano per conto dell’uomo”, il ponte a schiena d’asino sotto il castello a Dolceacqua: docilmente curvo ed elegante nel suo sforzo, come la schiena dei contadini, uomini della terra, che si inchinano di fatica per raccoglierne il frutto.

Sarà senz’altro molto bello ritrovarci insieme a Giovanna Maccario, Antonio Del Giacco e AIS delegazione di Genova il 24 Novembre.

 

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