Il solfito: quel gran cattivone!
Il solfito: quel gran cattivone!

Il solfito: quel gran cattivone!

· dI Ylenia Mezzapelle ·

 
S
entiamo tanto parlare di solfiti nel vino ma cosa sono?

Ci capita spesso di scegliere una bottiglia di vino di leggere l’etichetta e di trovare sul retro, in basso, la scritta “CONTIENE SOLFITI”. La nostra reazione non è mai del tutto positiva, ma compriamo ugualmente la bottiglia che ci piace, sapendo che la stragrande maggioranza delle bottiglie contiene solfiti. Spesso ci affidiamo alla nostra percezione, o alle nostre brutte esperienze e diamo ai solfiti un ruolo negativo e dannoso. Questo non è del tutto sbagliato, ma non è nemmeno del tutto giusto.

Nella famiglia dei solfiti fanno parte l’anidride solforosa e alcuni dei suoi sali inorganici (solfiti, bisolfiti e metasolfiti) e vengono utilizzati come additivi per la preparazione e conservazione degli alimenti.

Nel vino hanno la capacità di inibire l’azione dei batteri che deteriorano il prodotto e quindi di conservarli dall’attività distruttrice dei batteri, inoltre agiscono su alcuni enzimi naturali che si alterano a contatto con l’ossigeno contribuendo alle caratteristiche organolettiche del vino.

I solfiti

però non vengono sempre aggiunti anzi si producono naturalmente durante il processo di fermentazione alcolica, quando il succo d’uva si trasforma in vino e i lieviti presenti naturalmente sulla buccia generano i solfiti. Durante questo processo si possono formare naturalmente fino a 40mg per litro di solfiti, l’aggiunta artificiale avviene poiché quelli naturali non sono in grado da soli ad inibire l’azione batterica e a conservare il prodotto.

La normativa europea (regolamento CE 606/2009) ne fissa i limiti:

150 mg/l per i vini rossi, 200 mg/l per i bianchi e 250 mg/l per i vini dolci o muffati.

Per i biologici invece (regolamento CE 203/2012) ammette l’uso di solfiti ma:

100 mg/l per i rossi, 150 mg/l per i bianchi e rosati ed è possibile di aumentare a 30 mg/l se abbiamo dello zucchero residuo.

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Per quanto riguarda i vini naturali:

30 mg/l per i rossi e 50mg/l per i bianchi con l’impegno di un graduale abbandono della solforosa.

 I solfiti vengono misurati con specifiche strumentazioni e solo al di sopra di 7 mg/l vengono registrati , infatti al di sotto dei 10 mg/l vengono considerati vini senza solfiti e in bottiglia si omette la dicitura “contiene solfiti”. Esistono poi anche vini definiti “zero solfiti” che però si ottengono attraverso pratiche tecnologiche tutt’altro che naturali.

Per essere nocivi ed avere effetti collaterali ne dovremmo ingerire un’importante quantità. Ma i solfiti non sono solo nel vino, ma anche negli alimenti in particolare nella frutta secca 2000 mg/kg, nella senape di Digione 500 mg/kg oppure pomodori secchi e baccalà in cui arriva a 200 mg/kg.

Quindi il problema non è il calice di vino… ma con cosa lo accompagnate durante l’aperitivo!

 

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