Il Montepulciano d’Abruzzo della Cantina Di Sipio dedicato al fondatore Nicola
V
initaly è sempre l’occasione per scoprire nuove realtà e nuovi vini: al Padiglione dell’Abruzzo, la presentazione ai giornalisti invitati di un Montepulciano dedicato al fondatore della cantina Di Sipio, prodotto in1498 esemplari nell’annata 2017: Cinque
Infatti, Il Di Sipio 5, insieme al Di Sipio 3, forma una coppia di vini che richiama l’anno di nascita di Nicola, il 1953, e vuole rappresentare l’idea di eccellenza della cantina.
I settanta ettari di vigneti si adagiano armoniosamente sulle dolci colline verdi d’Abruzzo, che da un lato si affacciano sull’azzurro del mare Adriatico e dall’altro volgono lo sguardo verso la maestosa Maiella, il secondo massiccio più alto degli Appennini dopo il Gran Sasso.
La storia della cantina è un emozionante ritorno alle radici. Fondata nei primi anni Duemila da Nicola Di Sipio, sorge proprio nel cuore della tenuta dove un tempo suo padre, Peppino, lavorava come bracciante agricolo.
Dopo una brillante carriera nel settore dell’automotive, Nicola ha deciso di investire nella terra della sua infanzia, acquistando la proprietà e realizzando il suo sogno: nel 2006 è arrivato il primo imbottigliamento.
La cantina, progettata dall’architetto Rocco Valentini, si distingue per un’architettura in perfetta sintonia con il paesaggio circostante.
Oltre alla produzione vinicola, è pensata come luogo di accoglienza e cultura del vino. È un raro esempio di conservazione dell’architettura rurale della fascia costiera abruzzese, arricchita da interventi contemporanei in vetro e acciaio che ne valorizzano l’estetica e la funzionalità.
Nel 2014 il progetto è stato inserito dalla rivista Archilovers tra le dieci cantine di design più belle al mondo.
Leggi anche:
Silent Wines 2018 Pt.2
Al piano interrato si trovano vinificatori e barrique, mentre al livello superiore un’ampia sala eventi con pareti in mattoncini e ampie vetrate crea un suggestivo dialogo visivo con il paesaggio circostante, offrendo scorci mozzafiato in ogni stagione.
A completare il complesso, un’antica villa del Cinquecento finemente restaurata – un tempo frequentata anche da Gabriele D’Annunzio – una piscina a sfioro immersa nel verde, un’elegante sala degustazioni e, in fase di ultimazione, otto esclusive suite per l’ospitalità.
Dal 2019, l’azienda è guidata da Paolo, figlio di Nicola, che prosegue con passione e visione il cammino tracciato dal padre.
Oggi l’azienda produce 15 etichette, da uve coltivate secondo i principi dell’agricoltura biologica. Accanto ai vitigni autoctoni tipici dell’Abruzzo, come Montepulciano e Pecorino, spiccano varietà internazionali come il Pinot Nero, vinificato assieme allo Chardonnay per la produzione dello spumante Metodo Classico: il vino che ha segnato l’inizio del percorso enologico di Nicola Di Sipio.
La produzione annuale si attesta intorno alle 200.000 bottiglie, destinate esclusivamente al canale horeca, con distribuzione in Italia e in 21 Paesi nel mondo.
Il Montepulciano d’Abruzzo Docg 5 annata 2017 che ho degustato nasce da una raccolta rigorosamente manuale, eseguita solo al raggiungimento della piena maturazione.
Ogni grappolo viene selezionato con cura, acino per acino, privilegiando solo quelli perfettamente integri, sani e con vinaccioli ormai lignificati, segno di una maturità ottimale.
In cantina, il processo di vinificazione avviene secondo un rituale preciso: le uve vengono lasciate in infusione e fermentano lentamente a cappello sommerso, a una temperatura compresa tra i 25 e i 30° C.
La macerazione post-fermentativa si prolunga a lungo, custodita in grandi tini troncoconici di rovere di Slavonia, dove il vino resta ad affinarsi fino al momento dell’imbottigliamento, respirando il tempo e il legno.
Nel calice si presenta con un rosso cremisi profondo, quasi impenetrabile, che con gli anni si orla delicatamente di riflessi granati, segno della sua evoluzione.
Al naso è un viaggio nei profumi del bosco e del tempo: sentori intensi di rovo, prugna matura e ribes nero aprono la scena, accompagnati da tocchi speziati e nobili aromi terziari come il legno di cedro, la scatola di sigari e una nota umami che incuriosisce.
Col passare degli anni, il bouquet si fa sempre più stratificato, rivelando sfumature di cuoio, goudron e sottobosco, come un sentiero autunnale dopo la pioggia.
L’equilibrio tra la frutta rossa e quella nera si modula in base all’annata, offrendo ogni volta una nuova lettura del territorio.
Al palato è pieno, strutturato, con una trama fitta e vellutata. La materia è polposa, avvolgente, ma mai pesante: una tensione sottile tiene tutto in equilibrio, giocata tra la ricchezza del frutto, l’acidità viva e un tannino finissimo, quasi gessoso.
Il finale è lunghissimo, sapido, persistente, e lascia la bocca con la memoria nitida di un grande rosso, capace di evolvere con grazia nel tempo.
Un vino che regala emozioni e invita ad andare a visitare i luoghi dove nasce e dove queste uve vengono sapientemente coltivate dalla famiglia Di Sipio.