Il Domaine Jean-Paul e Benoît Droin non ha bisogno di presentazioni
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uando studiavo per l’esame da Sommelier, ricordo i tentativi di memorizzare i famosi 7 Climats dell’AOC Chablis Grand Cru (“Blanchot, Bourgos, Grenouilles, Les Clos…”), facendo appello alle più svariate, in stile arco alpino “MaConGranPenaLeRecaGiù”.
Così quando abbiamo ricevuto questa bottiglia in dono da un amico carissimo, nonché grandissimo esperto di vini francesi, mi sono detta: questo nome qualcosa mi ricorda…
Il Domaine Jean-Paul e Benoît Droin
non ha bisogno di presentazioni: è un nome mitico, che produce vino da circa 500 anni ed è attualmente guidato da Benoît, enologo, che cura i 25 ettari distribuiti tra le varie denominazioni di Chablis.
Les Grenouilles è situato proprio nel cuore dei Grands Crus di Chablis, e sprigiona tutta la mineralità “chablisienne” data dal terreno di marne e calcare, il famoso Kimmeridge.
L’approccio del Domaine è orientato al rispetto del frutto, pochi interventi in vigna e tanta cura: raccolta manuale e pressatura delicata per consentire un’estrazione graduale del succo.
Il vino affina almeno 10 mesi in acciaio, in modo da esprimere tutto il suo straordinario corredo aromatico e fa una breve sosta in legno, senza che questo sovrasti il resto dei profumi.
Consapevoli dell’entità del dono ricevuto, anche perché questa annata è ormai quasi introvabile, ci siamo decisi a sfidare questa bottiglia in una grigia e uggiosa domenica di giugno, perché serve calma per accostarsi a questi miti.
Nel bicchiere il vino si presenta con un abito giallo paglierino di una brillantezza accecante.
Partiamo bene.
Al naso colpisce subito con frutta a polpa bianca (pesca, mela) ancora croccante, come se 9 anni di bottiglia non lo avessero “stancato” per nulla.
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Regala anche un tocco tropicale, ananas e mango, davvero intriganti, cui segue un accenno vegetale, sempre di grande freschezza.
E mentre sto ancora immaginando il banco del fruttivendolo, cercando di identificare altri profumi, ecco che arriva la nota minerale, la famosa “pietra focaia” ed è come se il vino ti dicesse: piacere, sono uno Chablis, o meglio sono LO Chardonnay.
Eh sì perché i sentori minerali sono quelli che quando li leggi sul libro, da studente, pensi: ma cosa c’azzeccano la pietra focaia o gli idrocarburi con un vino? Ecco, poi però una volta che li trovi e li riconosci non te li dimentichi mai più.
Colpisce in questo vino l’eleganza di questo spunto minerale, cui segue, ma in modo molto discreto e solo dopo un po’ di tempo, l’altrettanto caratteristica nota burrosa: è in punta di piedi, ma c’è e basta per stordirti e portarti a fantasticare su quello che sarà l’assaggio.
In bocca ha un ingresso improntato sulla morbidezza, ma che non diventa mai avvolgente, perché subito rivela la sua carica di freschezza e anche qui sembra dirti: Bonjour, Je suis LE Chardonnay.
E che Chardonnay!
Chiude lungo, lunghissimo, sulla via del sale e con un retrogusto di lieve burro tostato, creando un insieme da “un sorso tira l’altro”, un po’ come le noccioline al bar.
Ma no, non l’abbiamo abbinato a un semplice aperitivo, ci mancherebbe!
Per un vino così regale abbiamo scelto degli scampi al forno con una delicata salsa al curry e riso basmati e l’insieme ci è sembrato armonico e decisamente piacevole.
Abbiamo azzardato anche con le ostriche e direi che il principio “buono con buono” (oppure: “Francia con Francia”) alla fine è quasi sempre azzeccato.
Ieri sera ho imparato anche un’altra regola fondamentale che ha un pò stravolto le mie convinzioni platoniche: la teoria è importante (“Blanchot, Bourgos, Grenouilles, Les Clos…”), ma la parte empirica vince di gran lunga.
Al prossimo Climat…
Domaine Jean-Paul & Benoît Droin
14 bis, Avenue Jean Jaurès
Chablis F
+33 3 86 42 16 78