· di Olga Sofia Schiaffino ·
S
arà colpa della maturità, ma ho imparato a lasciar sedimentare le emozioni e le esperienze, quasi per “pesarle” prima di catalogarle e di portarne memoria.
L’evento di martedì 16 maggio, al quale ho avuto l’onore di essere invitata insieme a una selezione di giornalisti italiani ed esteri, ha voluto presentare l’attività e gli intenti del Consorzio del Valdarno di Sopra Doc, presieduto da Luca Sanjust e Diretto da Ettore Ciancico; una giornata ricca di spunti e di riflessioni.
Lo scenografico anfiteatro presso il Borro, allestito in modo impeccabile, con il ripetersi del verde nelle installazioni – il colore che identifica il consorzio- è diventato il palcoscenico dove le personalità famose del mondo del vino hanno portato il loro contributo e dove è avvenuto un primo confronto con le autorità pubbliche sulla possibilità di ottenere il riconoscimento nel disciplinare dell’identità “biologica” auspicata da questo territorio.
Biologico non per moda o per marketing ma per necessità di affermare un territorio che è naturalmente vocato e per portare avanti in modo coerente i principi della sostenibilità. Un progetto audace, che deve trovare il modo di essere riconosciuto a livello legislativo dato che i principali attori, cioè i produttori, lavorano già seguendo detti criteri.
“…you may say I’m a dreamer… but I’m not the only one…”
Le note della canzone di John mi arrivano in testa: vedo persone convinte di quello che stanno portando avanti e mi trovo d’accordo con il fatto che sia una strada che merita di essere percorsa.
La sensazione mentre ascoltavo le parole di Ettore e di Luca è stata quella di essere parte attiva di quel particolare momento: sperimentare il senso di inclusione, in qualità di testimone di un percorso scelto, condiviso e attuato. Soprattutto un esercizio di democrazia e di volontà perseguita da chi opera nel settore con fatica, passione e umiltà. Intrecciandosi alle note della canzone, l’immagine classica di Pericle e del suo discorso nel 461 a.c. dove esordiva con “Qui ad Atene noi facciamo così…” e tra la promozione del bene del cittadino, l’insegnamento che esistono leggi non scritte da rispettare che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che ha buon senso.
Qui in Valdarno noi facciamo così: i produttori si sono associati dando vita a “Produttori delle Vigne Bio”, un inizio sicuramente per il riconoscimento nel disciplinare richiesto, sulla scorta anche dell’esperienze della D.O. Cava in Spagna e che testimonia la qualità dei vini prodotti.
Le aziende presenti ai banchi di degustazione nel pomeriggio hanno raccontato un unico territorio attraverso la particolarità delle loro vigne e dei loro vitigni scelti: Un “unicum” che rispetta l’identità di ciascun produttore, le scelte nella vinificazione e che regala spunti davvero interessanti a chi degusta i vini, ora interpretati con il solo acciaio, altri in anfora, altri ancora utilizzando contenitori di legno.
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Mi sono soffermata ad ascoltare le storia di Ejamu, una giovane azienda di una famiglia calabrese che è dovuta migrare per sfuggire alle ritorsioni della ‘ndrangheta”. Vertigine, un canaiolo in purezza da vigneti giovani, ritrae in etichetta fratello e sorella e racconta il senso di perdersi e di cadere nel vuoto provato all’inizio di questa avventura con il vino. Una produzione che riuscirà a esprimere sempre meglio grandi emozioni e un bellissimo territorio.
Clio Cicogni è una vignaiola biologica, dotati di attitudine al canto, alla cartomanzia e.… a fare il vino! Ipnotiche le etichette che hanno per soggetto le carte dei Tarocchi. Affascinante il rosè La Papessa, uve non dichiarate perché l’arcano che le esprime rimanda all’ignoto. Vengono utilizzate solo uve prodotte nei vigneti di proprietà e, a parte il rosé, vengono proposti solo mono varietali.
La Salceta è una azienda del cuore, per la delicatezza e la personalità del suo proprietario, Ettore Ciancico e per i vini che riescono sempre a essere la colonna sonora perfetta dei migliori momenti della vita. Osato è un rosato fantastico e l’interpretazione del sangiovese in Vigna Ruschieto fa apprezzare la dinamicità e la particolarità espressiva di questo vitigno nel Valdarno.
L’amore per i vini di Petrolo di Luca Sanjust è nato nel 2013, quando mi trovai a una degustazione a Firenze e assaggiai il Galatrona; sempre ben cesellati e con una ottima bevibilità, speciale anche il Boggina in anfora.
Il Caberlot è sicuramente un vino straordinario, se non altro per essere stato ottenuto dall’incrocio spontaneo di cabernet franc e merlot in cui hanno creduto negli anni Ottanta Wolf Rogorsky e sua moglie Bettina dell’azienda Il Carnasciale: altamente performante, inoltre, nella degustazione tenuta da Jeff Porter la mattina, insieme a Vigna Ruschieto e Galatrona!
Assaggi, scambi di opinioni nuove amicizie in questa giornata dove Linda Nano, dietro le quinte, ha monitorato che tutto si svolgesse per il meglio e così è stato; un “mondo” buono e onesto nel perseguire una reale sostenibilità, quello del Valdarno di Sopra Doc nel quale vorremmo abitare tutti i giorni dell’anno e che possiamo continuare a vivere bevendo e degustando i vini di questa denominazione.
“I hope someday you’ll join us, and the world will live as one.”
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