This is not a love song
This is not a love song

This is not a love song

Dalla penna felice di Pino Perrone, il racconto di un incontro, di una passione condivisa e del gioco delle cose.
Un viaggio tra emozioni, immagini e sensazioni.

 


S

i conobbero a una degustazione di vino. L’enoteca ne organizzava due al mese con cadenza periodica, ogni primo e terzo lunedì. Il giorno della settimana era commercialmente il più fiacco e in tale maniera si tentava di ovviare al problema. Le spese di gestione erano molte e l’enotecaria non era di certo benestante, aveva lasciato il precedente lavoro e con la liquidazione si era dedicata alla rivendita di vini cosiddetti “naturali”. Era la prima volta che Umberto vi si recava non pensando di trovare così tanta gente. Tutti in piedi, in un locale non vasto e situato in un quartiere periferico e molto popolare. Sapeva però che quasi sempre erano presenti i produttori per descrivere i propri vini, che poi venivano proposti al pubblico con uno sconto per chi intendesse acquistarli. Persone semplici che arricchivano la narrazione con aneddoti che molte volte col vino non avevano nulla a che fare. Tra un calice e l’altro la titolare tentava di avanzare tra la folla degli astanti con un vassoio di cibo, spesso affettati, formaggi o pizza, di preferenza bianca. Tutte queste informazioni le aveva trovate sui social dei quali l’enoteca faceva largo uso soprattutto con dei video piuttosto movimentati. Faceva caldo quel giorno e Umberto rifletté che senza un condizionatore quei vini lì contenuti avrebbero patito molto più dei convenzionali. Questo termine in precedenza non si adoperava, era una novità introdotta proprio dai cosiddetti “naturali” per definire compiutamente “gli altri” e distinguersi da essi. Un po’ come fecero gli irlandesi quando aggiunsero la lettera E al loro whisky, come gli spiegò un suo conoscente esperto in materia. L’azienda di quel lunedì di metà maggio era ligure. Umberto non l’aveva mai intesa nominare. A un certo punto, al terzo vino proposto, ascoltò l’intervento di una ragazza. Disse qualcosa del tipo: non che sia autorizzata a parlare, poiché non sono assolutamente una esperta e mi sono avvicinata al vino solo da pochissimo tempo, quindi prendete le mie parole per quello che sono, anzi chiedo scusa in anticipo per averle pronunziate, ma questo vino mi sembra un tantino debole, non se sono riuscita a farmi capire. Ci era riuscita benissimo, poiché anche Umberto lo aveva trovato tale, scarico, debole in acidità, con poca consistenza, per nulla persistente, insomma affatto di suo gusto. Invece ci fu un brusio diffuso di disapprovazione da parte del pubblico e il produttore si limitò a spiegare, invero con estrema cortesia, che dipendeva dall’annata e dal suo proposito assolutamente non interventista, e che a lui, infine, non dispiaceva affatto come gli era venuto. Acclamazione generale e la ragazza non proferì più parola. Da quell’istante Umberto non riuscì più a staccare gli occhi da lei. Non era molto alta e portava dei corti capelli neri. Il volto non era abbronzato ma neppure tendeva al pallido. Un grazioso neo spiccava al di sopra della sua guancia destra. Avrà avuto poco più di 25 anni, al massimo 28 gliene dava, e vestiva semplicemente, una maglietta bianca a maniche corte su un paio di pantaloni neri. Terminata la degustazione né Umberto che lei acquistarono delle bottiglie di quella azienda. Tuttavia la ragazza comprò una bottiglia di una Riserva di Nobile di Montepulciano che Umberto riconobbe come uno dei suoi vini preferiti.

Uscita, lui la seguì e in breve la raggiunse per rivolgergli parola.

“Anch’io su quel vino la penso come te”, disse guardandola negli occhi. Erano azzurri e con il nero dei capelli creavano quel contrasto che a lui era sempre piaciuto.

Lei si volse e lo osservò con interesse ma senza proferire alcunché.

“Sono importanti le analisi dei non addetti al settore, anche più di quelle dei definiti esperti, poiché sono pure, sincere, disinteressate, scevre da condizionamenti e sovrastrutture.”

“Lei fa parte del mondo del vino?” Risentendo la sua voce Umberto capì che era seriamente attratto dalla ragazza.

“In onestà sì. Sono un chimico, e mi occupo di enologia.”

“Io invece sono Laura.”

“Piacere Umberto”, tendendogli la mano. Lei gliela strinse. Aveva una presa forte che lo stupì, e lo fece notare.

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“Sono una musicista, suono il violino.”

“Ah, che bello adoro quello strumento.”

“Io un po’ meno, a volte può essere noioso.”

“Sei di Roma?”

“No, friulana.”

“E come mai ti trovi nella capitale, se posso chiedere?”

“Mi ha chiamato una scuola di musica per insegnare, ma probabilmente al termine del contratto torno a casa.”

“Non ti trovi bene qui?”

“Sì e no. Comunque preferisco dove sono nata.”

“Capisco. Il violino… a me piace la musica d’avanguardia. Alexander Balanescu, hai presente?”

Lei sorrise. “A volte è un po’ pesante, ad ogni modo ho l’intera discografia.”

“E amo anche quella Riserva di Nobile di Montepulciano che hai acquistato. Per essere una novizia hai centrato l’azienda del luogo che prediligo.”

“Abito qua vicino, ti va di provarlo di nuovo?”

Era al quinto piano di un palazzo che ne contava nove. La casa era semplice e piuttosto spoglia, evidenza di una persona che si considerava di passaggio. Appoggiato su un tavolino accanto a un divano rosso bordeaux c’era la custodia dello strumento. Lasciò a lui l’onere dell’apertura della bottiglia mentre lei dal frigo tirava fuori un formaggio.

“E’ delle mie parti, lo conosci? Si chiama formadi frant, che significa formaggi frantumati. Difatti l’impasto è composto da tanti formaggi sminuzzati di latte vaccino al quale si aggiunge del latte, la panna, ed è salato e speziato con del pepe nero. Viene prodotto in Carnia e solitamente ci abbiniamo il Refosco, ma penso che anche questo Rosso…”

Ci stava ugualmente bene quel Nobile prodotto da una donna. Parlarono delle loro vite seduti in una stretta e lunga cucina, e riuscirono a terminare la bottiglia nel giro di una mezzoretta.

Quindi lui si avvicinò per baciarla e scoprì che le sue labbra sapevano di peonia.

Altro intese quando si recarono a letto. I suoi capelli odoravano di biancospino, le ascelle profumavano di rosa. Baciò il suo collo che sapeva di mela. Trovò un sentore di fragola assaporando i suoi capezzoli, e di violetta nell’ombelico.

Fecero l’amore per due volte, poi, prima di salutarsi, si scambiarono i numeri del cellulare.

Guidò verso casa, erano le due di notte, leggero e felice ma anche un po’ ebbro.

Arrivato non riusciva a prendere sonno. Prese il telefono e le scrisse immediatamente.

Vivo ancora nel ricordo della serata appena conclusasi. Le tue labbra sapevano di feniletanolo. I tuoi capelli di aldeide anisica. Le tue ascelle di alcol feniletilico. Il tuo collo di caproato di etile. I tuoi capezzoli di aldeide esadecilica e il tuo ombelico di beta-ionone.

Lei visualizzò il messaggio il mattino successivo alle 7.07.

Lo bloccò e non si videro mai più.

 

Pino Perrone

Classe 1964, si appassiona al vino a vent’anni fino a diplomarsi sommelier A.I.S. nel diciottesimo corso 1998/1999 a Roma. Specializzatosi sui distillati con un focus sul whisky, organizza per 10 anni il Roma Whisky Festival. Ha tenuto numerosi corsi e degustazioni sul distillato di cereali, ed è autore di articoli per varie testate, come ad esempio Bartales e Vinodabere. È stato giudice internazionale per lo Spirits Selection del Concour Mondial de Bruxelles, e International Sugarcane Spirits Awards. Amante di letteratura, cinema e musica spesso le utilizza per contaminare il suo racconto.
Ha curato editorialmente quattro libri inerenti i distillati: le versioni italiane di “Whisky”, “Iconic Whisky” e “Rum” di Cyrille Mald, pubblicate da L’Ippocampo, e “Il Whisky nel Mondo” per la Readrink.
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