Le bollicine del Metodo Classico
O
rmai abbiamo l’imbarazzo della scelta, e per fortuna direi: eventi con degustazione di vini quasi ogni giorno della settimana disseminati su tutto il territorio nazionale. Ovviamente non si può presenziare a tutti, quindi occorre fare delle scelte ed ho quindi deciso di partecipare a quello organizzato dal Consorzio Macramè di Alassio, una organizzazione che ha come obiettivo primario la ricerca del bello e del buono attraverso l’intrattenimento, le curiosità e la promozione del territorio, cercando di valorizzare le eccellenze enogastronomiche del Bel Paese e non.
Era la prima edizione,
organizzata presso i saloni del Grand Hotel Diana della splendida cittadina rivierasca, anche se quel giorno purtroppo il tempo era così inclemente da far dubitare della sua bellezza. Il format era molto stuzzicante e divertente ed aveva come tema le famose “bollicine” del Metodo Classico, ovvero gli spumanti, provenienti da diverse regioni d’Italia; si trattava di una piccola ma significativa rappresentanza del panorama nazionale. In realtà c’era anche qualche “intruso”, ovvero figlio del Metodo Martinotti, che tuttavia non demeritava.
Non potevano mancare assaggi di deliziosi formaggi e salumi, caviale, salmone affumicato, nocciole e cioccolato.
Era un’occasione da non perdere per poter degustare e confrontare diversi stili di produzione, dai più blasonati Franciacorta, Trento Doc ed Otrepò Pavese a quelli che cercano di trovare spazio in questo affollato mondo di spumeggianti bollicine.
C’è ancora molta disinformazione, soprattutto all’estero, visto che la stragrande maggioranza dei consumatori finali associa un vino italiano col tappo a forma di fungo quasi sempre al conosciutissimo Prosecco. Esperienza vissuta lavorando presso un famosissimo hotel di Portofino mi ha confermato questa teoria e non potete immaginare quanta fatica si faccia a far capire la sostanziale differenza che esiste tra un Metodo Classico ed un Prosecco.
Rientra tra i compiti di un sommelier quello di riuscire a comunicare questi importanti dettagli, per dare giusto valore ad ogni tipologia di vino. Il Prosecco identifica un vino spumante prodotto in una determinata zona del Veneto, con sole uve Glera tramite il metodo Martinotti, più comunemente conosciuto col termine Charmat: la presa di spuma, cioè la formazione delle bollicine, avviene in grandi contenitori di acciaio, chiamati autoclave.
Il Metodo Classico,
che ha sostituito il termine champenoise dopo che è stato imposto il divieto di usarlo al di fuori della regione dello Champagne, permette di raggiungere la presa di spuma attraverso una seconda fermentazione che però avviene direttamente in bottiglia. Questo metodo non ha una collocazione geografica definita.
Dopo questa sintetica digressione tecnica, doverosa e necessaria, torniamo a ciò che ho trovato nel bicchiere, perché qualche piacevole sorpresa c’è stata, a cominciare da “Zero” dell’azienda Visamoris di Imperia, uno spumante a base pigato veramente interessante.
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Un millesimato 2012, Pas Dosè, ovvero senza alcun residuo zuccherino, rimasto sui propri lieviti per ben 60 mesi, durante i quali ha avuto modo di “crescere” e sviluppare tutta la sua pienezza gustolfattiva. Bollicine fini e persistenti creavano un colpo d’occhio brillante e luminoso; i profumi richiamavano la salvia e il rosmarino ed in bocca si presentava delicato, avvolgente, ma con un gran carattere: spiccata acidità, ottima sapidità e lunga persistenza. Abbinarlo ad un cubetto di salmome affumicato appena tagliato è stato molto appagante.
La curiosità mi ha spinto a confrontarlo con un altro spumante,
sempre Metodo Classico, a base pigato: “U Bertu”, millesimato 2011, Pas Dosè, dell’azienda agricola La Vecchia Cantina, situata nell’entroterra di Albenga.
Anche questo è rimasto sui lieviti per 60 mesi, ma il risultato, comunque ottimo, è stato diverso, forse perché le uve non si affacciano sul mare. Nel bicchiere ho trovato delle note fruttate, quasi tropicali, una fantastica cremosità, accompagnata da una piacevole quanto decisa acidità.
Gli assaggi sono stati numerosi, molti meritevoli di una menzione, e non potendoli “raccontare” tutti, mi limito a citarne ancora uno, il Cuvage de Cuvage, un Metodo Classico sans année, ancora Pas Dosè, dell’omonoma azienda di Acqui Terme, che nasce dalle ceneri della storica cantina sociale, con l’intento di produrre solo spumanti.
Rimasto sui lieviti per 36 mesi, ottenuto con uve Pinot Noir, Chardonnay e Nebbiolo, si è presentato in una veste scintillante, di un giallo paglierino luminoso, con bollicine fini e persistenti, dotato di profumi accattivanti e con una marcata mineralità dovuta ai suoli calcarei dove crescono le uve, e caratterizzato da una decisa personalità che lo rendono notevolmente persistente. È un vino che richiede attenzione perchè il primo sorso è tagliante, ma poi si rivela in tutta la sua armoniosità e complessità.
Non vi nascondo la mia particolare predilezione
per i vini con le bollicine e spesso quando ne ho un bicchiere in mano paragono quella vista brillante, luccicante e raggiante alla chioma di riccioli lunghi biondi di una bella donna…. e non me ne vogliano tutte le signore e signorine che non hanno tale caratteristica.
Ritengo che si tratti di una grande invenzione, che regala vini piacevoli, talvolta strutturati, ma sempre meravigliosi, che creano allegria e mettono di buon umore; vini che andrebbero gustati sempre in compagnia, perché in fondo in fondo degustare il Vino significa convivialità, condivisione e piacere di stare insieme.
Cin Cin a tutti.