Lo stato dell’arte del Gallo Nero
· di Pier Lorenzo Cicerchia ·
I
n una stazione Leopolda sfavillante e dall’atmosfera galvanizzante, è andata in scena la 26ªedizione della Chianti Classico Collection, uno degli eventi enoici più attesi di questa prima parte del 2019.
Ben 197 le aziende presenti, 731 le etichette in degustazione per un totale di oltre 9500 bottiglie che sono state aperte e servite direttamente dai produttori e da una squadra di 50 sommelier nella due giorni di manifestazione alla presenza di oltre 250 giornalisti provenienti da 30 diversi paesi del mondo e più di 1800 operatori, italiani e stranieri.
78 le anteprime da botte dell’annata 2018 e oltre 100 le etichette di Chianti Classico Gran Selezione. La Collection si conferma l’evento fondamentale per conoscere lo stato dell’arte delle aziende del Gallo Nero.
E, ancora più importante, per ben comprendere le tendenze, le mode e le novità che animano una delle più importanti Docg d’Italia.
In questo frangente
io e il mio collega Jacopo Visconti, dopo due giorni di intensi di assaggi, degustazioni, incontri con i produttori e confronti critici, vorremmo delinearne un’bilancio non proponendo una sterile classifica sui migliori assaggi ma un excursus completo sulle annate provate: per quanto riguarda il Chianti Classico d’annata, fondamentalmente la 2017 si divide su due fronti: se da un lato abbiamo dei vini dai sentori maturi e a volte anche surmaturi, morbidi, rotondi e caldi in bocca, dall’altro ne abbiamo altri con aromi un po’ pungenti, alcolici e con un tannino un po’ duro, dovuto forse a un tentativo di evitare la surmaturazione anticipando una vendemmia che però forse non aveva ancora ben concluso la maturazione fenolica.
Un pugno di aziende invece
è riuscito ad ottenere un buon equilibrio di base. Ricordiamo comunque le particolari e problematiche condizioni climatiche non più riviste da 40 anni a questa parte. Un breve confronto tra chi è uscito con la Riserva 2016 e chi con la 2015: la prima la spunta per quanto riguarda la complessità e precisione degli aromi, per freschezza ed equilibrio, mentre l’altra ci regala una maggiore struttura e austerità, al momento a tratti un po’ aggressiva e di sicuro meno pronta come annata, ma senz’altro apprezzabile e destinata alla grandezza più avanti.
Mentre ciò si riflette un po’ anche sulla Gran Selezione 2016 e 2015, è più che altro lo stile che divide in due le aziende.
Da una parte un target e uvaggi decisamente international con vini già pronti e moderni, dall’altra la scelta di portare il vitigno Sangiovese all’apice dell’eccellenza con l’intento di rappresentare al massimo il terroir locale e di premiare gli intenditori più pazienti.
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