
Il Verdicchio è sicuramente uno dei vitigni più importanti d’Italia, coltivato soprattutto nelle Marche. Recenti studi genetici hanno dimostrato la sua stretta parentela con il Trebbiano di Soave e il Trebbiano di Lugana.
Conosciuto sin dai tempi antichi, la prima testimonianza risale al 410 d.C., legata al re barbaro Alarico che, prima di marciare su Roma per saccheggiarla, volle fare scorta di 40 barili del vino dei Castelli di Jesi perché donava “sanitade et bellico vigor”.
Gli storici
hanno sempre ben considerato i vini prodotti nel Piceno e troviamo testimonianze di Catone, Plinio, Strabone e di Andrea Bacci.
Altre fonti suggeriscono che il vitigno fu importato da coloni veneti chiamati a ripopolare le Marche dopo una terribile pestilenza.
Deriva il nome dal latino “viridis” legato proprio al colore verde dell’uva: il vitigno ha trovato il suo habitat nel centro della regione attorno a Jesi, in provincia di Ancona e a Matelica (provincia di Macerata).
Due zone molto diverse per il clima: infatti la zona dei Castelli di Jesi è caratterizzata da valli che seguono il corso dei fiumi che sfociano nel mar Adriatico e da clima continentale, mitigato dalle brezze marine mentre la Valle Camertina è l’unica a essere parallela al mare e a non godere delle sue benefiche influenze.
I suoli sono argilloso-calcarei, con prevalenza di sabbie marine nella zona di Matelica.
Parliamo ora della pianta: il germoglio è a ventaglio, cotonoso, di colore verde-bianco con sfumature rosa.
La foglia
è di media grandezza. Orbicolare o pentagonale, trilobata o pentalobata.
Il grappolo è medio grande, cilindro conico o piramidale, provvisto di una o due ali, compatto o semi compatto.
Acino medio, sferico con buccia mediamente pruinosa, sottile ma consistente di colore verde-giallastro.
Il germogliamento è tardivo, la fioritura precoce, l’invaiatura media e la maturazione medio-tardiva, la vigoria piuttosto sostenuta.
La pianta è abbastanza resistente alle avversità meteo, sensibile alla peronospora, oidio e soprattutto a botrite e marciume. Sensibile alle mutazioni clonali, che ha portato alla nascita di sottovarietà fuori dalle Marche.