· di Olga Sofia Schiaffino ·
I
l sole sta ripiegando a ovest e la luce di taglio accarezza i pampini nelle vigne.
Non si odono più le voci dei Vigneri che scandiscono il lavoro… la potatura verde deve essere ultimata e il tempo è sempre quello che è… Presto e bene… Le vigne devono essere pronte per accogliere l’estate e il consueto miracolo della maturazione dei grappolini… ecco, li vedi ondeggiare sulla pianta, verdi e tesi, promessa di uve succose e fragranti, frutto dell’amore dell’uomo e della sua terra.
Sembrano bambini raccolti intorno alla maestra, attenti ad ascoltare i suoi insegnamenti e a capire chi sono e quale sarà la loro strada.
Ci saranno quelli che faticheranno a maturare, quelli che potrebbero ammalarsi più facilmente, quelli sani e robusti che promettono bene, che emergono con vigore dai tralci. Ci sarà un posto e un senso per tutti quei grappolini, perché sono tutti allo stesso modo, frutto del vigneto.
Anche la società dovrebbe essere così, fedele a questo amore e cura, al rispetto per chi conosce le tradizioni, al dovere di crescere in modo sano i propri figli. E non è facile, perché i messaggi che arrivano sono di semplificazione estrema e di massificazione – non di uguaglianza.
Anche il lavoro in vigna potrebbe essere semplificato: via l’alberello, meccanizzazione tra i filari, trattamenti chimici prestabiliti a calendario e molto altro.
Sarebbe più semplice, meno faticoso e costoso.
Ma non sarebbe lo stesso. Non sarebbe “questa vigna” e “questo vino”… non sarebbero queste piante rigogliose che si stagliano come soldati sull’attenti ad ossequiare la montagna ogni giorno, anno dopo anno.
E mentre volgo lo sguardo intorno, cercando l’ultimo raggio della sera, sento crescere in me un sentimento di umanità e un ringraziamento profondo per la vita che ci regala le differenze… e le persone meravigliose con cui so di vivere questo.
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Intanto l’Etna affida al cielo il suo sbuffo bianco, quasi un assenso silenzioso, e la tacita promessa di riprendere domani ognuno il proprio lavoro.
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