Le Langhe nel bicchiere
Le Langhe nel bicchiere

Le Langhe nel bicchiere

Grandi Langhe 2019, evento internazionale sulle Doc e Docg

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randi Langhe 2019, quarta edizione promossa dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e le aziende vitivinicole di Langhe e Roero, si è rivelata una grande kermesse dove poter “assaggiare” in due giornate, 28 e 29 Gennaio, il meglio che questo territorio può offrire.

Oltre 200 produttori con più di 900 etichette in degustazione e 6 seminari informativi hanno costituito le principali novità di questa manifestazione.

Prima di rivelare quelle che sono state le conferme e le piacevoli sorprese ritrovate nel calice, ritengo sia opportuno menzionare il seminario “Le vigne dal fondale marino: la geologia dei terreni di Langhe e Roero”: è stata un’autentica emozione ascoltare, quasi come fosse un racconto serale di mezza estate, le origini di questo suolo, che come molti altri territori vitati del nostro Bel Paese ha origini marine.

Possiamo quindi ben immaginare cosa questo comporti per la crescita della vite e soprattutto per ciò che poi ritroviamo nel vino: mineralità, struttura e potenza, ma anche finezza ed eleganza.

Anche i seminari sul Dolcetto, Barbera ed Arneis si sono rivelati estremamente interessanti anche perché “raccontati” da due relatori molto capaci ed appassionati: il Dott. Edoardo Monticelli ed il Dott. Edmondo Bonelli.

Ho parlato con diversi produttori

della questione Menzioni Geografiche Aggiuntive ed è emerso che per svariate ragioni storico-politiche e geografiche non si è mai riusciti a creare una classificazione sul modello dei “cru” francesi di Borgogna. Nel tempo, tuttavia, si sono affermati Nomi che rimandano alla qualità del terroir e della tecnica utilizzata in vigna ed in cantina e alla capacità del produttore di saper affermare sul mercato il suo lavoro.

Grazie al lavoro del Consorzio prima nel 2007 per il Barbaresco e poi nel 2009 per il Barolo si è però riusciti a disegnare una mappatura più precisa e veritiera della superficie vitata; attualmente stanno lavorando al progetto Diano d’Alba.

È utile sottolineare che la Menzione Geografica Aggiuntiva non è da confondere con l’utilizzo del nome “vigna” di seguito alla Denominazione, che indica il top nella scala gerarchica delle Doc e Docg e per essere usato deve prevedere minor resa e maggior grado alcolico.

Siamo in terra di grandi rossi, ma non mancano di certo bianchi di grande spessore e qualche chicca da ricordare.

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Per esempio

il Roero Arneis Riserva Braja 2015 dell’azienda Deltetto: nasce da un vitigno posto a 300 m s.l.m.,  un vino che matura 6 mesi in botti usate ed aspetta un altro anno in bottiglia prima di essere messo in commercio; grazie alle arenarie su cui cresce acquista profumi sottili ed eleganti che richiamano i fiori bianchi e la frutta fresca come la mela e la pesca; si presenta con una veste brillante giallo paglierina e quando entra in bocca si mostra piacevolmente acidulo con un bel finale amarognolo.

E che dire del Langhe Doc Scapulin 2017 di Giuseppe Cortese di Barbaresco? Uno chardonnay atipico perché non caratterizzato dalle ben note fruttate, che possiamo definire meno internazionale del solito.

Dopo una fermentazione spontanea, matura per un terzo in anfora, per un altro terzo in barrique usate e per l’ultimo terzo in acciaio per 10 mesi, ed una volta assemblato resta in bottiglia per altri 6 mesi.

Stappata la bottiglia ti accorgi subito che non siamo di fronte al solito vino perché si sprigionano profumi complessi ed intriganti, ma soprattutto colpisce per questa nota affumicata retronasale.

Passando ai rossi

è davvero difficile essere sintetici perché si corre il rischio di lasciar fuori veri capolavori, ma ahimè devo fare delle scelte:

Parliamo di un Barolo di Monforte, notoriamente il più robusto e strutturato, e mi piace citare Pressenda 2015 dell’azienda agricola Abbona Marziano (nessuna parentela con i ben noti titolari della Tenuta Marchesi di Barolo).

Nonostante sia alla sua prima uscita dimostra di avere stoffa, un tannino potente, ma abbastanza levigato, un rosso rubino accecante e già sprigiona tutta la sua carica di profumi terziari di spezie, cuoio, caffè e liquerizia.

Altro “vinone”, come direbbero i non addetti ai lavori, è il Barolo Bussia 2015 dei Poderi Luigi Einaudi; si tratta di un altro vino proveniente da vigneti siti a Monforte quindi caratterizzato da estrema potenza senza essere spigoloso. Ciò che lo fa emergere tra i tanti è la sua nota mentolata che si amalgama perfettamente con i profumi di fiori rossi secchi, incredibilmente equilibrato nonostante l’annata.

Barbaresco Riserva 2014 di Francone con sede a Neive: affina per ben 40 mesi in botte grande e quando ce lo ritroviamo nel calice veniamo avvolti dalla sua eleganza e finezza, dai suoi colori rubini intensi e luminosi, senza dimenticare che al palato si mostra muscoloso ma docile; insomma vorresti non finisse mai.

Barolo Mirau 2014 di Negretti, La Morra, proviene dalla parte alta del vigneto cru Rive, posto a 300 di altitudine: qui passa una vena sabbiosa, piuttosto anomala per il territorio, che conferisco al naso sentori di coriandolo e cumino, risultando anche molto speziato. Il calice si riempie di un fluido rosso rubino intenso con riflessi granati, sprigiona profumi eleganti che invitano alla beva che soddisfa il palato con una lunga persistenza.

Infine,

vorrei menzionare 2 etichette di Mauro Veglio, una delle quale è risultata essere in cima alla classifica delle mie degustazioni a questa rassegna.

Parliamo di una Barbera d’Alba Doc, Cascina Nuova 2016 che trascorre 18 mesi in barrique; questo le dona morbidezza ed eleganza, profumi fini e marcati di frutta rossa matura, una lunga persistenza ed un invidiabile equilibrio.

E poi, dulcis in fundo, il Barolo Castelletto 2015, che, dopo 5 giorni di macerazione sulle bucce, cui segue la malolattica per 2 settimane in acciaio, riposa per 2 anni in barrique e per altri 6 mesi in bottiglia. Il colore risulta essere un rosso rubino sfavillante.

Il naso è dolcemente accarezzato da profumi intensi di frutta e fiori rossi secchi, la bocca si sollazza con la sua cremosità ben equilibrata da un tannino elegante e sempre presente, la persistenza è infinita, un vino già armonico seppur giovanissimo.

Uno speciale ringraziamento

va all’organizzazione dell’evento per la comodissima e ben strutturata location, per la proposta dei seminari, ma soprattutto per l’accoglienza ospitale e generosa, cosa assolutamente non facile da trovare in giro per l’Italia.

 

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grandilanghe.it

 

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