· di Clara Maria Iachini ·
I
n riproduzione Alfonso, Levante
In degustazione: Lo Spettinato, Colle Uncinano 2018 Metodo ancestrale Trebbiano Spoletino.
Ci sono quelle sere in cui ho bisogno di leggerezza e di sentirmi un po’ tra le nuvole, ultimamente è spesso così, cerco di estraniarmi da ciò che c’è fuori, come se la mia casa sia ormai l’unica sicurezza, il bozzolo da cui non sono ancora pronta ad uscire, anche se il mondo intero mi manca come l’aria.
Vivo le mie giornate talmente intensamente da vederle tramontare e non so neanche come, passo il mio tempo a studiare, approfondire, emozionarmi e a vedere il sole del pomeriggio che entra dalle finestre, cosa che non penso di aver mai visto in vita mia, per quanto fosse frenetica e fuori casa, prima della quarantena.
Unico contatto che ho con il mondo esterno, sono la mia vicina Teresa con cui prendo il caffè alle 11 di ogni mattina in terrazza e i corrieri che ogni tanto mi consegnano il vino. Il tempo è così dilatato, che ho quasi dimenticato la consegna del vino che sto degustando.
Da rossista convinta, è un periodo di totale conversione al bianco e adesso il momento di fissa è per me il Trebbiano Spoletino, me ne ha fatta innamorare Filippo Antonelli, con le sue storie sulla vigna tonda e con il suo meraviglioso Anteprima Tonda.
Il Trebbiano Spoletino
è un antico vitigno autoctono, che è stato riscoperto solo una decina di anni fa, è un’uva storicamente presente nell’area di Spoleto e Montefalco, che ha contribuito per secoli a delineare il paesaggio agricolo del territorio.
Le viti erano allevate ad alberata, maritate alle piante di olmo o acero, un antico metodo di coltivazione, che permette alla vite di rampicarsi con lunghi tralci carichi di grappoli, avendo il vantaggio di tenere l’uva al riparo dalle insidie degli animali, delle nebbie e dall’umidità del terreno.
È un sistema d’allevamento arcaico della vite, figlio di un’agricoltura in cui convivevano in più coltivazioni e permettevano di sfruttare anche il terreno sottostante alla vite. Lascia immaginare quanto le vendemmie fossero complesse e faticose dovendo salire con delle lunghe scale da appoggiare agli alberi.
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Negli anni sessanta, l’arrivo della meccanizzazione agricola ha totalmente cancellato le coltivazioni maritate lasciando il posto a quelle intensive. Il trebbiano spoletino è cosi quasi del tutto scomparso, travolto dalla modernità, sono rimaste solo poche piante con viti maritate, esempi di pura archeologia della vite.
La ripresa della coltivazione di questo vitigno è ricominciata circa una decina di anni fa ed ha realmente rischiato l’estinzione. Attualmente gli ettari vitati nella DOC sono ancora pochi 200 ha, ma stanno mettendo a dimora nuovi impianti, che tra qualche anno cominceranno a essere produttivi oltre a quelli che già lo sono.
Stasera è una sera un po’ particolare,
ci sono stati d’animo che non riesco a controllare e mi lascio trasportare dagli eventi, decido di aprire una delle bottiglie che mi è arrivata, poca scelta, ho ordinato solo Trebbiano Spoletino Macerato ed il Metodo Ancestrale, tanto per restare in tema fissa del vitigno.
Decido di stappare il Metodo Ancestrale perché sono troppo curiosa di assaggiarlo, annata 2018 hanno prodotto solo 220 bottiglie, la 2019 uscirà tra qualche mese, con circa 500 bottiglie, questo mi fa capire la preziosità e la rarità di questo vino.
L’uva viene raccolta la prima settimana di Settembre, viene leggermente pressata per estrarre i lieviti autoctoni presenti sui grappoli, segue la fermentazione in acciaio per circa due mesi, prima che termini viene imbottigliato e tappato. Termina la fermentazione in bottiglia con i lieviti, non sboccato, i loro vini non superano i 50 mg/litro di solforosa.
Apro il tappo a corona con cautela, essendo un ancestrale, non sboccato, è inevitabile la fuoriuscita della spuma, lo verso e lo guardo, anzi no, lo fisso, credo di non aver mai visto un colore del genere in un vino non filtrato.
Ha questa impercettibile e solleticante briosità che ti inebria, lo lascio aprire, una meraviglia di profumi di agrumi, frutta esotica, pesca, che poi lasciano il posto alle erbe aromatiche, e ai lieviti con prepotenza, aspetto a bere perché è talmente profumato che mi godo veramente ogni momento, al gusto conferma l’aspettativa del naso, una bella acidità e sapidità.
Decisamente
come una folata di vento che mi spettina, di nome e di fatto, porta via i brutti pensieri e mi lascia serafica nelle mie riflessioni, un ottimo compagno in situazioni di tempesta emozionale.
“Nella vigna dove nasce il vino, il vino è espressione di un territorio, che fonde un insieme di fattori quali terreno e clima, posizione geografica e manualità nella produzione. Quest’ultima è frutto di esperienza e saper fare che insieme ad un pizzico di fantasia permettono al viticoltore di esprimersi come nessun altro.
Per questo, tutta la nostra produzione viene controllata e approvata da me, con il grandissimo supporto della mia famiglia e del nostro enologo Andrea.” Claudio Campanella Viticoltore
Doverosi cenni:
L’azienda Colle Uncinano è certificata per l’agricoltura con biodiversità, hanno decine di arnie lungo il vigneto, non usano diserbanti.
Per ulteriori info visitate il sito: colleuncinano.com
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