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pochi km dal capoluogo lombardo si trova la collina di San Colombano al Lambro, dove il santo proveniente dall’Irlanda impiantò la vite sin dal 595. Durante il sacro romano impero, l’imperatore Corrado I menziona la zona in un documento del 918.
Il grande sviluppo della viticoltura si ebbe intorno al 1394 quando i Visconti iniziarono a stipulare contratti adeguati alle risorse degli agricoltori.
La DOC è stata istituita nel 1984 e comprende la parte centro meridionale della Lombardia, includendo il territorio collinare tra la Pianura Lodigiana e la Bassa Pavese.
L’altitudine in cui sono le vigne varia dai 40 ai 120 metri slm; geologicamente l’origine dei suoli viene spiegata o con il fatto che sono zone nate da una appendice degli Appennini sepimentata dal fiume Po oppure sembra essere un territorio emerso nel Miocene, dato il ritrovamento di coralli e conchiglie fossili.
Le uve che vengono impiegate per il San Colombano rosso sono la Barbera, la Croatina e l’Uva Rara mentre per la versione Bianco si impiega nel blend lo Chardonnay almeno al 50% , oltre la Malvasia e la Verdea.
Durante un press tour
organizzato da Annamaria Corrù @tannina.it e Fabio Mazzara @pivoswinery il 15 e 16 maggio ho avuto il piacere di visitare alcune cantine che mi hanno stupito per la qualità dei vini prodotti, per l’attenzione e l’accoglienza all’enoturista con percorsi e degustazioni dedicate.
Presso l’azienda di Carlo Giovanni Pietrasanta, uno dei fondatori del Movimento Turismo del Vino abbiamo avuto modo di degustare un piacevole bianco frizzante, ottenuto da verdea in abbinamento a una ricetta davvero gourmet ottenuta con la Raspadura (sottili scaglie di grana padano con solo sei mesi di stagionatura “raschiate” con il coltello dalla superficie della forma) con rucola, pinoli tostati, miele, uvetta, noci, pere ,aceto balsamico e olio.
L’azienda è stata fondata negli anni Cinquanta e presenta diversi vini, tutti con un nome dialettale: Dam a Tra, per esempio, è un rosso affinato in botti da 25 hl. Un evento da non perdere è la festa della vendemmia che viene organizzata per gli enoturisti ogni anno.
Non molto lontano da questa azienda,
proprio a San Colombano, ha sede l’azienda agricola Banino di Antonio Panigada . davvero suggestiva la visita delle antiche cantine della famiglia, dove affinano i vini pregiati sia in legno che in bottiglia.
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Banino bianco nasce da un blend di Riesling, Sauvignon e Chardonnay e ha dimostrato un buon potenziale di invecchiamento.
Banino rosato vede protagonista l’Uva Rara e di grande eleganza e freschezza Aureum, il passito ottenuto da Malvasia di candia aromatica, che dopo una lenta fermentazione affina in legno 24 mesi.
Nettare dei Santi di Gianenrico Riccardi accoglie gli enoturisti in una bellissima struttura che guarda la pianura sottostante, dove si può scegliere di degustare un buon vino accompagnato da una selezione di prodotti della zona.
Ottima bollicina metodo classico pas dosè millesimato è il DOMM, ottenuto da Chardonnay 80% e Pinot Nero 20% vinificato in bianco, che affina dai 50 ai 60 mesi. Vigna Roverone è un rosso che vede dialogare Barbera, Croatina, Uva Rara e un 10 % circa di Merlot. Dopo la fermentazione in acciaio, invecchia in botti di legno da 25 hl per 8-12 mesi.
L’azienda Panizzari nasce alla fine dell’Ottocento dalla volontà del signor Angelo di tramandare la tradizione vitivinicola contadina: giunta alla quarta generazione con Davide, offre un luogo ameno meta di turismo.
Le uve vengono coltivate in regime a basso impatto ambientale e si ottengono vini di grande personalità. Piacevolissima e profumata la malvasia frizzante che si può apprezzare sia come aperitivo che con piatti di pesce.
Il tour è proseguito
con la visita al salumificio Bertorelli e al caseificio Zucchelli, due eccellenze del territorio Padano.
Sicuramente è stata una esperienza positiva e da ripetere: la conferma che in Italia abbiamo ancora molte zone da valorizzare e da promuovere!